Fiat risolve la partita cinese Marchionne si allea con Gac

Fiat scioglie il nodo cinese e oggi, a Roma, alla presenza del premier Silvio Berlusconi e del presidente Hu Jintao, l’amministratore delegato Sergio Marchionne siglerà l’accordo con il gruppo con Guangzhou Antomobile Group (Gac) per la costituzione di una società mista. Gac, che è la piattaforma produttiva sotto la Grande Muraglia di Honda e Toyota, ha già siglato due anni fa un’intesa per la fornitura di tecnologia motoristica a Fiat Powertrain Technologies.
È prevista la nascita di un impianto a Changsha, nella provincia dello Hunan, che dal 2011 sfornerà la nuova versione della Linea e poi modelli come Bravo e Grande Punto, che saranno commercializzati sul mercato cinese con gli stessi standard europei. Nessun cenno, invece, ad Alfa Romeo.
Fiat non costruisce più auto in Cina da due anni, quando si è interrotta l’alleanza con Nanjing Automotive, con cui aveva prodotto la gamma Palio. Nel frattempo la casa torinese ha avuto contatti con altre società cinesi, come Saic e Chery. Con quest’ultima era stato firmato un memorandum d’intesa, ma tutto è naufragato per l’eccessivo temporeggiare del partner.
Luglio, che si è aperto con questo nuovo importante colpo da parte torinese, si annuncia come un mese determinante sul fronte dei nuovi assetti nell’ambito automobilistico, a partire dal ritorno sulla scena del gigante Gm. «Ha del miracoloso quello che sta accadendo a Detroit», commenta in proposito un analista dal quale traspare l’ottimismo negli Usa sul futuro di Generale Motors. È atteso infatti tra oggi e il 10 luglio il verdetto del giudice della Corte fallimentare di New York che sancirebbe l’uscita del gruppo, dopo poco più di un mese, dalla bancarotta pilotata, il cosiddetto Chapter 11. Resta da vedere, come è accaduto per Chrysler, se dopo l’ok del giudice Robert Gerber i titolari di obbligazioni che si oppongono all’operazione trascineranno la vicenda davanti alla Corte suprema. Il legale che assiste i detentori di bond, Michael Richman, sostiene infatti che l’avvio di un piano di ristrutturazione del gruppo, rispetto alla cessione delle attività ritenute non redditizie, lascerebbe ai suoi clienti più tempo per rinegoziare i loro crediti. L’ultimo atto dell’operazione di salvataggio di Gm, dunque, potrebbe percorrere lo stesso iter di Chrysler.
E proprio la recente esperienza vissuta dalla casa automobilistica, che condividerà con Fiat il suo futuro, dovrebbe far sentire tutto il suo peso - come precedente - nella vicenda Gm. L’avvocato Harvey Miller, al quale è stata affidata la gestione della bancarotta pilotata del colosso di Detroit, ha sottolineato nei giorni scorsi come l’unica alternativa al progetto concordato con l’amministrazione Obama (far confluire le attività sane in una nuova società con la corrispettiva cessione veloce di quelle «malate») sarebbe «una liquidazione amministrativa, con conseguenze orripilanti per tutte le parti coinvolte». Il legale ha anche ribadito al giudice Gerber che se entro il 10 luglio non arriverà il benestare del Tribunale alle cessioni, la Casa Bianca revocherà gli aiuti promessi.
Tutta l’operazione Gm ha avuto, in qualità di super consulente, il gruppo AlixPartners, il cui co-presidente, l’italiano Stefano Aversa, dall’1 luglio si è trasferito da New York a Londra con la responsabilità di Europa, Middle East e Africa. Ma luglio, potrebbe essere il mese decisivo anche per quanto riguarda il futuro di Opel, la controllata tedesca di General Motors. Sono tre, allo stato dell’arte, i pretendenti ufficiali: Magna, sempre favorito; i cinesi di Baic (anche partner di Daimler a Pechino); Rhj, fondo della galassia Ripplewood, specializzato in investimenti di lungo termine, e ai cui vertici siede quel Thomas Stallkamp che guidò per un certo periodo il gruppo DaimlerChrysler. Entro il mese sono attese le tre offerte vincolanti che verranno esaminate da General Motors e, quindi, dal governo di Berlino. Alla task force nominata dal cancelliere Angela Merkel spetterà quindi il compito di verificare l’attendibilità di queste offerte e, soprattutto, la capacità del candidato prescelto di restituire nei tempi previsti i finanziamenti che saranno erogati da Berlino.
Fiat, intanto, continua a stare a guardare.

Non ci sono stati, da parte di Marchionne, ritocchi al piano industriale presentato a suo tempo che, a questo punto, continua a non contemplare iniezioni di fondi da parte del Lingotto. Vero è, dice una fonte, che «se Fiat ha veramente intenzione di rientrare in gioco, deve inventarsi qualcosa nei prossimi giorni. La sensazione è che la partita debba concludersi proprio in questo mese».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica