Fiat scopre le carte su Mirafiori. Ipotesi Suv e linea per Chrysler

Domani a Torino il confronto con i sindacati sul progetto di sviluppo. Le attese sono per una riproposizione del modello Pomigliano. Referendum in vista

«Fabbrica Italia» atto secondo. Chiuso con fatica nei mesi scorsi il capitolo Pomigliano d’Arco (i lavori di ammodernamento dello stabilimento dovrebbero concludersi a fine marzo 2011; senza intoppi, per l’inizio di luglio, dopo il necessario avviamento, tutto potrebbe essere pronto per la produzione della nuova Panda), sul palcoscenico sale ora l’impianto torinese di Mirafiori. È la fabbrica storica della Fiat e, come ribadito da Sergio Marchionne, «fa parte del cervello del nostro gruppo». Domani mattina all’Unione industriale di Torino è in programma l’incontro, sollecitato dai sindacati, tra tutte le parti in causa.
Al tavolo, per il Lingotto, non ci sarà l’amministratore delegato, ma come tradizione il team dei negoziatori guidato dal super collaudato Paolo Rebaudengo. Davanti alla squadra Fiat e al direttore dell’Unione industriale torinese, Giuseppe Gherzi, siederanno Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl, e l’Associazione Quadri e Capi del Lingotto. La domanda a cui Rebaudengo dovrà rispondere riguarda il futuro di Mirafiori: quali modelli vi saranno prodotti, l’ammontare degli investimenti, i livelli occupazionali e se sarà seguito lo schema praticato a Pomigliano d’Arco.
In casa Fiat dicono solo che «verrà esposta la soluzione più idonea per tutelare la fabbrica e garantire i risultati attesi; è una partita importante: la volontà è di evitare le lungaggini di Pomigliano». Di più da via Nizza non trapela e, a questo punto, si entra nal campo delle indiscrezioni. Quella che viene spesa di più riguarda la possibile destinazione dello stabilimento alla produzione di un Suv di classe media, il vero anello mancante dell’offerta Fiat, fatto salvo il compatto Sedici realizzato in Ungheria con la Suzuki. I volumi previsti di questo Suv «made in Torino», e destinato a tutti i mercati, sarebbero di 300mila unità, come stabilito dal piano presentato il 21 aprile. E sempre sotto la Mole potrebbero essere sfornate vetture realizzate per conto dell’alleata Chrysler, una sorta di contract manufacturing, come ipotizzato dallo stesso Marchionne alcune settimane fa (i tempi per creare una newco con Detroit non sarebbero ancora maturi).
Da parte sindacale, pur confidando in un negoziato rapido da esaurirsi entro l’anno («ma il rischio di andare oltre c’è», dice una fonte), si guarda già a un referendum ufficiale, come accaduto in Campania, e si ritiene che l’azienda possa chiedere prepensionamenti, mobilità e scivoli vari (sulle linee di Mirafiori lavorano 5.500 tute blu). Le stesse fonti vedono per Mirafiori un futuro quasi fotocopia di Pomigliano, anche se a Torino i livelli di assenteismo anomalo sono impercettibili.
Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, pone come problema prioritario da risolvere quello di «portare a Mirafiori la produzione di alta fascia». «La Fiat - spiega - ha un anno, un anno e mezzo per far partire gli investimenti, ora sta tastando il terreno».

E Roberto Di Maulo (Fismic): «Bisogna fare un accordo sul modello Pomigliano». Nuove perdite di tempo, secondo Di Maulo, costringerebbero Marchionne a delocalizzare per la seconda volta, dopo aver trasferito in Serbia l’erede della Idea.

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