L’auto elettrica è al centro degli investimenti dei principali costruttori. Nissan, Renault, Opel, Chevrolet, Peugeot, Citroën e Ford, per citarne alcuni, hanno deciso di scommettere ingenti risorse sulle motorizzazioni alimentate dalle moderne e potenti batterie. E si é ormai passati, in diversi casi, dalla fase di sperimentazione a quella della produzione e della vendita. Tutti ci credono, anzi no. La «scossa», per ora, ha solo sfiorato Sergio Marchionne che, giusto per onor di firma, proporrà nel 2012 sul mercato americano la 500 Ev.
Anche dall’Auto Show di Detroit il top manager di Fiat e Chrysler ha ribadito di considerare marginale tale mercato, dimostrando nuovamente di non essere stato colpito dalla sindrome dell’auto elettrica. Avrà ragione? Torto? Lo si saprà non tanto tardi, quando questo mercato - seppur lentamente - si sarà avviato e la rete di infrastrutture (colonnine di ricarica) sarà visibile e funzionante.
Lo scetticismo di Marchionne, giusto o meno, ha un precedente significativo: negli anni ’90, i vertici Fiat (ad era Paolo Cantarella, capo dell’Auto Roberto Testore) peccarono di scarsa lungimiranza. Era l’epoca dei primi Suv, ovvero dei primi tentativi di trasformazione del fuoristrada in un veicolo adatto anche per la città (a rompere il ghiaccio era stata la Toyota con il Rav4). A Torino, però, questa tendenza fu snobbata, ritenendo - si legge nelle cronache di quegli anni - «che il cliente non avrebbe mai accettato auto sostanzialmente scomode, meno veloci e confortevoli delle grandi berline». I Suv, invece, via via si imposero anche in Italia e tuttora il Lingotto soffre il ritardo patito, tanto che solo dal 2012 a Mirafiori, grazie all’accordo con Chrysler, produrrà il suo primo vero sport utility a marchio Alfa Romeo.
I maligni, ora, aspettano Marchionne al varco, pronti a rinfacciargli il possibile errore di valutazione sulle potenzialità del mercato dell’auto elettrica. «Arrivare tardi anche qui costerebbe caro», sussurrava qualche osservatore a Detroit. E se Marchionne, invece, si preparasse a spiazzare i concorrenti mettendo sul tavolo una carta a sorpresa? Poco convinto che a Bruxelles si arrivi in tempi rapidi a una fattiva politica di sostegno dell’auto elettrica e dell’idea che la mancanza oggettiva delle infrastrutture possa condizionare questo mercato, ecco spuntare la carta gas per gli Stati Uniti.
In attesa di segnali in tale direzione in Italia, Marchionne guarda con attenzione alle decisioni del Senato americano dove il tema gas da autotrazione è all’ordine del giorno. Entro giugno dovrebbe essere sbloccato un fondo di un miliardo di dollari per le auto e di 3 miliardi per i mezzi pesanti. Il presidente Obama, del resto, aveva fatto della conversione a metano delle flotte pubbliche e private un suo cavallo di battaglia (resta da stabilire quanti mezzi in percentuale e i tempi).
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