Una fiction sulla moda milanese

E se al posto di Meryl Streep nel ruolo della Wintour ci ritrovassimo sullo schermo, chessò, Michele Placido nei neri panni di Armani? E se nello skyline, anzichè i grattacieli di Manhattan, comparisse la Torre Velasca? Preparatevi perchè, da qui a pochi mesi, la Rai manderà in onda una fiction che avrà per protagonista il mondo del fashion milanese con tanto di annessi e connessi: sfilate nel quadrilatero, cocktail a Corso Como, schermaglie all’arma bianca nei casting di zona Tortona e speriamo nient’altro. Si intitolerà «Italian Style», ed è l’ultimo colpaccio aggiudicato da Lombardia Film Commission, che metterà stavolta i suoi servigi a disposizione della Publispei, la potente casa di produzione de «I Cesaroni», «Un medico in famiglia» o «Tutti pazzi per amore». Ma non è finita. Sempre entro quest’anno, la Milano degli stilisti sarà al centro di un’altra serie, stavolta in onda su Mediaset, ambientata in una rivista di moda, e in questo caso i riferimenti al celebre «Il diavolo veste Prada» sembrano ancora più evidenti.
Che succede? «Semplice, chi semina raccoglie frutti» dice Alberto Contri, presidente di Lombardia Film Commission, che da un po’ di tempo sta trasformando la nostra regione in una piccola Hollywood (si fa per dire): da «Happy Family» di Salvatores al fortunato cinepanettone di Aldo Giovanni e Giacomo, dal reality americano «America's Next Top Model» (che verrà distribuito in 140 paesi del mondo) al «Leonardo» di Philippe Leroy. Pare che ora tutti vogliano girare in una città che fino qualche anno fa era guardata come la peste dai produttori, causa lacci e lacciuoli burocratici e gli alti costi di produzione. Questioni oggi risolte, d’intesa con il sottosegretario al cinema della Regione Lombardia Massimo Zanello. Adesso tocca alla moda. «E quale settore meglio della moda può rappresentare il “brand Milano“ nell’immaginario collettivo e spingere la città nella grande industria del cinema?» si domanda Contri. Sarà, ma non è stata quel che si dice una passeggiata. «C’è voluto un anno di incontri e di convegni per spiegare ai produttori e agli autori che Milano era diventata una piazza appetibile, che da noi avrebbero avuto il massimo sostegno sotto il profilo tecnico-logistico e nella consulenza per le post-produzioni. Ma non solo. Siamo riusciti a sminare la burocrazia, facendo abolire dal Comune di Milano la tassa di occupazione del suolo pubblico e la tassa immagine, oltre che a far concentrare in un solo Ufficio la concessione dei permessi prima sparsi tra nove vicecomandi». I risultati sono arrivati. La fiction «Italian Style», sette puntate in tutto, sarà un prodotto milanese «doc» in quanto rappresenterà, in uno stile narrativo molto simile a quello della celeberrima «Sex in the city», il bello e il brutto della moda milanese; con tutti, ma proprio tutti, i personaggi simbolo di un mondo affascinante e controverso, dal direttore creativo al direttore finanziario, dall’assistente di direzione al barista immigrato. Management e mondo della finanza si mescoleranno a intrighi personali e sentimentali, tra competizioni carrieristiche e sfrenata vita notturna. Il casting? È ancora top secret, ma per poco, visto che le riprese dovrebbero iniziare già in primavera.

Ma al di là dei nomi, il format sembra studiato a tavolino per essere esportato all’estero, a dimostrazione di una rinascita del modello Milano, in questi giorni consacrato dal New York Times che ci mette al quinto posto tra i luoghi da visitare nel 2011. Chi l’avrebbe mai detto?

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