In Fiera il collezionismo made in Italy

A Milano primavera fa rima con fiera. E, in attesa dello tzunami di Salone e Fuorisalone del Mobile che la settimana prossima inonderà di oggetti ogni angolo della città, l’antipasto per i nostri occhi sarà ancora una volta Miart, la fiera d’arte moderna e contemporanea che all’ombra della Madonnina ogni anno compete con la più blasonata kermesse bolognese e la vivace Artissima di Torino. Non ci stancheremo mai di ripetere che calendarizzare in modo così ravvicinato due eventi che hanno forti similitudini (artisti e designer oggi parlano sempre più la stessa lingua) non giova al pubblico milanese nè ad una manifestazione come Miart che certo gode meno attenzione e investimenti dei signori del Mobile. Ma tant’è. Se non altro, rispetto agli anni scorsi, la fiera è cresciuta qualitativamente, anche grazie al lavoro dei curatori Giacinto Di Pietrantonio e Donatella Volontè che sono anche riusciti finalmente a fidelizzare i maggiori galleristi lombardi che fino a qualche anno fa sceglievano altri lidi. Fra tutti Massimo De Carlo, Claudio Guenzani, Massimo Minini, Gio Marconi, Monica De Cardenas e altri. Era abbastanza paradossale che la fiera cittadina non annoverasse quei milanesi che da anni detengono il mercato nazionale.
Miart è tornata e per quattro giorni, a partire da domani, tasterà ancora una volta il polso dei collezionisti d’arte che pure in questi anni di crisi hanno serrato un bel po’ i portafogli. Una congiuntura che oggi fa soffrire soprattutto il segmento medio, e che ha fatto proliferare anche nella nostra città eventi paralleli a quelli «ufficiali», dove sia ancora possibile acquistare l’opera di un giovane artista anche con poche centinaia di euro. Lo scorso anno abbiamo visto «microfiere» d’arte al Museo della Scienza, al Superstudiopiù di via Tortona, nei capannoni di via Mecenate e nei palazzi privati. E anche in questi giorni, contemporaneamente a Miart, si svolge una kermesse corsara dall’inequivocabile titolo di «Arte accessibile». A Fieramilanocity però, le parole d’ordine sono selettività e made in Italy. I 150 dell’Unità, giurano gli organizzatori, non c’entrano. «A determinare l’internazionalità di una manifestazione non è la provenienza delle gallerie d’arte ma gli artisti - sottolinea il presidente di Fiera Milano Spa Michele Perini - ed è per questo che Miart ha deciso di imprimere una caratterizzazione netta alla Fiera, ospitando il meglio delle gallerie italiane che rappresentano il meglio degli artisti internazionali». Forza Italia, dunque. Anche perchè tra le cento gallerie selezionate figurano effettivamente operatori internazionali sia nel versante contemporaneo sia in quello del moderno. Tra i primi, spicca la napoletana Lia Rumma, recente protagonista di un progetto che ha fatto conoscere al grande pubblico un artista del calibro di William Kentridge coinvolgendo anche Palazzo Reale. Oppure Ram Radioartemobile di Roma, che da anni promuove l’arte italiana e realizza mostre di altissimo profilo in tutto il mondo.

Anche gli amanti del Novecento hanno di che rallegrarsi grazie alla presenza di operatori di grande professionalità come Robilant & Voena, appena reduce dalla prestigiosa fiera di Maastricht e Tornabuoni Art che nel nuovo spazio parigino di Avenue Matignon sta promuovendo in questi anni con successo grandi artisti della nostra storia recente come Fontana, Boetti, Ceroli e Pomodoro. Per tutti i gusti dunque e per tutte le tasche (quasi).

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