Alla fiera del fungo laziale si mangiano porcini sloveni

Cozze e pesce fritto, funghi porcini, carciofi e zuppa di fagioli: tra mare e monti tutto fa sagra nel Lazio. E, se il prodotto tipico scarseggia, nessun problema, a estremi mali rimedi esterni.
A Lariano, paese dei Castelli romani famosissimo per il pane, hanno deciso di fare la sagra del fungo porcino. Un po’ in anticipo rispetto alla raccolta. Va a finire che i funghi sono sì gustosi, ma non proprio autoctoni, almeno a giudicare dai tir che arrivano dalla Slovenia durante i giorni della manifestazione.
Quello che non ammazza ingrassa, il boletus avrà anche la carta d’identità taroccata, ma sempre porcino è. Per quello tipico bisognerà aspettare qualche mese e mangiarselo in tutta tranquillità senza l’ansia della sagra.
A Prossedi, un migliaio di anime, un paio di macellai, produzione suina marginale, hanno istituito la sagra della salsiccia. Che si accompagna a degustazione di broccoletti, bruschette e dolci tipici locali. Dove probabilmente «locali» sta per «della zona». E vai a capire se si sconfina oltre Prossedi.
Le cose non vanno meglio sui Monti Lepini, dove la celeberrima sagra del carciofo di Sezze va in crisi di produttività. I carciofi dovrebbero infatti essere «romaneschi», il paese è infatti ammesso al marchio igp. Ma basta superare di un metro il confine è il carciofo diventa plebeo. Necessario, inoltre, rispettare il disciplinare di coltivazione. Per la sagra questo e altro, per carità, ma se la materia prima scarseggia tanto vale rivolgersi per quei tre giorni a Battipaglia che di produzione ne ha da vendere. Appunto.
Che la crisi del carciofo a Sezze sia cosa reale è dimostrato dalla recente delibera dell’amministrazione comunale che ha stabilito incentivi da mille euro l’uno per cinquanta aziende che si impegneranno a produrre come Unione europea comanda e che porteranno il risultato all’edizione 2011 della manifestazione.
Rimanendo in collina, un aiutino arriva anche a Maenza quando la natura non si prodiga per fornire la quantità necessaria di ciliegie per la sagra di maggio.


Ma sei il prodotto non c’è, o quanto meno è di nicchia - dell’orto mio e di quello di casa tua - perché accanirsi con la più popolare delle promozioni? La domanda deve essersela posta l’assessorato al turismo della Regione Lazio che ha chiuso i rubinetti. I Comuni continuano a crederci. Nessuna cifra esagerata, ma se la metti assieme agli incentivi per una produzione che scarseggia, i conti tornano fino a un certo punto.

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