Cultura e Spettacoli

Le fiere battaglie contro Dio, il Cavaliere e il copyright

Scomodo, certamente. Eretico, certamente. Impegnato, soprattutto. Anzi: engagé. José Saramago è stato un grande romanziere, ma anche un intellettuale organico. Ateo militante e iscritto al partito comunista fin dal ’69, quando era clandestino sotto Salazar, lo scrittore portoghese è stato spesso al centro di polemiche per le sue prese di posizione senza compromessi, tanto in tema di politica quanto di religione. Dopo la pubblicazione, nel 1991, de O Evangelho segundo Jesus Cristo (storia di come Cristo perse la verginità con Maria Maddalena), fu oggetto di aspre critiche che lo spinsero a lasciare il suo Paese per vivere alle Canarie, e ancora lo scorso anno, con l’uscita del suo ultimo romanzo, Caim, appena tradotto da Feltrinelli in Italia, si ritrovò a polemizzare ferocemente con la Chiesa cattolica («scatena nuovi odii alimentando rancore»), definendo il Dio biblico «vendicativo, rancoroso, cattivo, indegno di fiducia». Il lancio del romanzo - che aveva come slogan «Che diavolo di Dio è questo che, per innalzare Abele, disprezza Caino?» - suscitò notevole scalpore, anche per alcune affermazioni nelle quali qualcuno lesse sfumature razziste: «Mi risulta difficile comprendere come il popolo ebraico abbia scelto per testo sacro l’Antico Testamento. È un tale miscuglio di assurdità che non può essere stato inventato da un uomo solo. Ci vollero generazioni e generazioni per produrre questa mostruosità». Del resto, per le sue posizioni sul conflitto in Medio oriente più volte Saramago fu accusato di antisemitismo. Inflessibile accusatore dell’«intolleranza delle religioni organizzate», lo scrittore però aveva le sue «preferenze». Quando nel 2007 in Spagna fu pubblicato un libro fotografico con immagini choc anticristiane (ad esempio una Madonna con in braccio un maiale), Saramago insorse contro chi protestava, gridando alla censura. Pochi mesi dopo, quando i musulmani scesero minacciosamente in piazza per le vignette danesi su Maometto, insorse contro i disegnatori: «Alcuni ritengono che la libertà di espressione sia un diritto assoluto. Ma la cruda realtà impone dei limiti». Nobel sì, ma dalla doppia morale.
Sul versante più propriamente politico, invece, hanno fatto molto parlare in Italia i suoi attacchi a Berlusconi: nel maggio 2009 un suo libro già pronto, Il Quaderno (in realtà la raccolta degli interventi sul blog personale), fu rifiutato dalla sua storica casa editrice, Einaudi: l’autore definiva Berlusconi «delinquente» e «corruttore» paragonandolo a «un capo mafioso». Einaudi, giustamente, spiegò che «sarebbe grottesco che la casa editrice si facesse convocare in giudizio per diffamazione dalla sua proprietà con la certezza di venire condannata. Non lo si pretende da nessuna azienda, indipendentemente dalle parti politiche in gioco, perché pretenderlo da noi?». Il libro uscì subito dopo da Bollati Boringhieri.


Intanto, archiviato lo scivolone dello scorso anno, quando Saramago fu beccato a copiare - con tanto di scuse pubbliche - un articolo del Guardian per scrivere un pezzo sull’influenza suina uscito anche su Repubblica (neppure i Nobel sono immuni dal plagio) aspettiamo, a ottobre, l’arrivo per Feltrinelli de L’ultimo quaderno, libro che raccoglie i suoi commenti sulle vicende politiche e letterarie internazionali.

Commenti