La figlia di Ben Ali voleva sparare sull’aereo ai parenti della madre

Un’esplosione di collera popolare che nessuno prevedeva. La «vera storia» del 14 gennaio 2011, il giorno in cui Zine el-Abidine Ben Ali, dal 1987 padrone incontrastato del Paese maghrebino, dovette fuggire in tutta fretta all’estero, è riassunta su lla rivista «Jeune Afrique». Nuove testimonianze riferiscono di una totale sottovalutazione degli accadimenti da parte del presidente, a partire da quella tranquilla partenza del suo aereo il 23 dicembre 2010 (sei giorni dopo l’inizio della rivolta con il suicidio col fuoco dell’ambulante Mohamed Bouazizi) verso Dubai per le vacanze di fine anno. Ben Ali dovrà fare ritorno già il 28, ma pronuncerà un discorso minaccioso che non farà che accendere gli animi dei rivoltosi. La rivolta si aggrava: il 10 gennaio il capo di stato maggiore dà prudentemente l’ordine di non usare armi da fuoco contro i ribelli. Il 12 Ben Ali viene informato dell’esistenza a palazzo di «una talpa» e il 13 cominciano gli assalti alle sue residenze di vacanza. Il 14 è già la fine: negli scontri ormai diffusi in tutto il Paese al mattino si contano già 28 morti.

L’esercito rifiuta di proteggere i familiari del raìs, che nel pomeriggio salgono su un aereo in piena lite: la figlia del presidente vorrebbe addirittura una pistola per uccidere i parenti della madre, accusati di aver provocato il disastro con la loro corruzione. Non l’avrà.

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