La figlia Dalia «Un papà severo e coerente Un grande esempio»

Per alcuni Giorgio Gaber è stato un riferimento importante. Per molti uno degli uomini di cultura più incisivi del secolo. Per me era semplicemente il mio papà.
Un uomo rigoroso, onesto e di un’intelligenza davvero fuori dal comune che ha saputo «anticipare» coi suoi pensieri e col suo lavoro, molti dei gradi temi di attualità, politica e sociale che hanno contraddistinto gli ultimi decenni.
È stato una sorta di «coscienza collettiva», un uomo «vero» che senza compromessi con la politica e col mercato, ha voluto rinunciare a molti facili onori, a favore di un percorso artistico che forse in quanto a coerenza non ha precedenti.
Ma torniamo all’uomo. È sempre stato molto severo con se stesso, e straordinariamente esigente con gli altri. Non si è mai concesso una vacanza, non gli interessava. Non si è mai fatto un periodo di riposo, il suo divertimento era il lavoro. E al lavoro ha dedicato tutto se stesso ricevendo moltissimo in cambio. Forse, se si fosse reso più disponibile a certe mediazioni, gli avrebbe anche potuto dare di più, ma il suo carattere, la sua «urgenza» di intervento, gli hanno fatto sempre preferire un rapporto di «verità» col suo pubblico, al successo più facile e tangibile. Ad esempio, nel 1970 rinunciò alla conduzione del varietà su Raiuno, allora uno degli appuntamenti televisivi più seguiti in assoluto, per intraprendere un tour teatrale. Una scelta coraggiosa che lo rispecchia in pieno.
A casa Gaber lavorava sempre perché in ogni conversazione c’era la continua ricerca di un qualcosa di nuovo per i suoi spettacoli. A notte fonda poi, finita la chiacchierata, continuava a lavorare con la chitarra per trovare la musica giusta per ciò che aveva in testa.
Ma l’uomo Gaber? È facile per una figlia dire bene del proprio padre. Facile, ma non scontato. Gaber è stato un padre importante, non un «padre-amico». Un padre-padre. Se aveva qualcosa da dire, me lo diceva senza girarci troppo intorno. Se a scuola le cose non andavano bene non mi faceva credere che gli altri erano «cattivi», ma che probabilmente in torto ero io. La sua lucidità e il suo essere esigente, mi hanno portato a cercare di non accontentarmi tanto facilmente, ma forse anche a saper leggere la realtà con più concretezza. Ecco, questa credo sia stata una sua peculiarità: non accontentarsi mai delle prime apparenze a favore di un approfondimento della realtà e ad una presenza costante del dubbio. E questo sua carattere così schivo e così riservato, lo hanno fatto amare dal pubblico. E molto.

Mi fa piacere dunque credere che il suo rapporto con le persone e il valore della sua opera non si sia esaurito neanche con la sua scomparsa. A giudicare dalle testimonianze che ho ricevuto è una speranza che assomiglia a mio papà … pudica ma concreta.
e Ombretta Colli

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