Shon è parte integrante della mia famiglia, nel senso stretto del termine. Lo consideriamo uno di noi. È figlio del leggendario Shonik, il cane-attore del famoso addestratore Massimo Perla, visto in tanti film, fiction e spot pubblicitari: è un figlio darte, quindi, ma ha deciso, per sua scelta, di dedicarsi totalmente alla sua famiglia. E soprattutto a me. Basti dire che, durante una gara di agility, nel bel mezzo del percorso, quando stava andando benissimo, ha mollato tutto perché aveva sentito il mio odore. Cercavo di nascondermi, ma lui, non appena ha avvertito la mia presenza, si è messo a correre velocissimo verso di me e mi è saltato in braccio. Ha perso la gara, naturalmente. Ma è evidente che per lui lamore è il sentimento più importante.
È nato tutto da un incontro. Ero in un ristorante di Saxa Rubra e notai a un tavolo Fiorello insieme con Massimo Perla. Cominciammo a parlare, in particolare proprio di cani. Era perché da un po di tempo desideravo averne uno (...) Quel giorno ero anche con i miei figli, che erano forse un po diffidenti nei confronti dei cani, non avendone mai posseduto uno. Massimo però ci condusse al suo campo di addestramento, e allora vidi la sua «squadra» in azione. Naturalmente, anche i miei figli ne rimasero conquistati. I cani saltavano, ubbidivano, si sedevano e correvano a comando, ma al tempo stesso sembravano davvero divertirsi tantissimo! Ed erano tutti molto affettuosi e socievoli. Quando ci fu una cucciolata decisi quindi di prenderne uno. Shon era un cucciolo di una tenerezza disarmante, e la prima volta che lo vedemmo fu amore immediato (...) Per me era importante che i miei figli crescessero con un cane, perché un uomo che si rapporta con un animale impara il rispetto per il prossimo.
Al tempo stesso stabilii un patto chiaro con Massimo: il mio cane doveva essere libero. Volevo che stesse con la mia famiglia il più possibile, ma che potesse anche trascorrere molto tempo con i suoi simili, a correre, giocare e addestrarsi, visto che era figlio di un campione. «Il cane è mio e lattore è tuo», dissi perentorio a Massimo e lui accettò. Anche i miei figli erano daccordo ma, alla fine, quello che si prende davvero cura di Shon, e che lui ha identificato come capobranco, sono io. Quando lo vidi la prima volta aveva solo tre mesi.
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