In questi giorni ne abbiamo letto e visto di tutti i colori, sulla prossima strage di caprioli alessandrini, nonché savonesi, genovesi e di altre cinque regioni, da parte di pre-sunti esperti e ben informati, dal professore universitario genovese di lettere, autopromossosi zoologo insigne, agli zoologi veri ma sempre e solo promotori del fucile dei cacciatori, allo scrittore ex «alpino di Russia» dal cuore di ghiaccio, ai giornalisti che ci accusano di non pensare ai vitelli e agli agnelli ma, quando (spesso) lo facciamo non scrivono neppure un rigo.
E neppure un rigo su chi, come l'ente nazionale protezione animali di Savona, impegnato dal 1996 contro la mattanza di caprioli e di cinghiali, senza trascurare il cuore cerca di usare anche un po' di cervello e ricorda, assolutamente inascoltato, una incontrovertibile verità:
Se si è finora affidato solo ai fucili dei cacciatori il controllo di tali animali ed essi continuano ad aumentare, assieme al numero di soggetti uccisi ed ai danni arrecati, è evidente che questo non è il sistema idoneo per contenerli.
E di conseguenza e logica propone alcune iniziative, sempre ignorate e che spera vengano assunte dai Ministri competenti (tra cui il verde Pecoraro Scanio), forse meno succubi dei cacciatori:
1) Commissionare ad istituti scientifici, non legati ai cacciatori, studi di fattibilità e ricerche, propedeutici a campagne di somministrazione di sostanze «specie-specifiche», in grado di limitare le nascite delle specie selvatiche in presunto soprannumero. Non è detto a priori che esistano soluzioni valide; ma almeno proviamo a cercarle con onestà intellettuale e rigore scientifico, libero da interessate interferenze!
2) Sperimentare la costituzione, in zone e boschi lontani dalle colture, da aprile a settembre, di depositi di cibo continuamente riforniti (ortaggi, vegetali e sale), eventualmente recuperati dagli scarti delle produzioni alimentari, per limitare la mobilità degli animali.
3) Fornire alle aziende agricole i «pastori elettrici», cavi alimentati da batterie a basso voltaggio (procura solo fastidio) che impediscono l'avvicinamento alle colture; e contributi per costruire recinzioni robuste attorno ai campi e reti di protezione attorno ai fusti dei giovani alberi e polloni.
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