Politica

Filippine, paese sparisce nel fango: 2000 vittime

Recuperati soltanto 200 corpi, gli altri risultano dispersi

da Milano

Almeno 200 morti, ma il bilancio è per difetto. E di parecchio. Sono infatti almeno 1500 i dispersi, e difficilmente qualcuno di loro potrà essere ritrovato vivo sotto quella montagna di terra fradicia che ha sepolto 375 case, compresa una scuola elementare con duecento fra alunni e insegnanti. Un intero villaggio spazzato via, inghiottito da una frana che in certi punti è alta dieci metri.
Sulle cartine Guinsaugon è difficile da trovare: un puntino a circa 670 chilometri sudest dalla capitale Manila. Adesso non esiste più. Dopo dieci giorni di piogge torrenziali sull’isola Filippina di Leyte, questo paese fatto di capanne e casette di legno è stato letteralmente raso al suolo dal fango che si è staccato dal fianco di una montagna.
Il disastro si è compiuto intorno alle 10.45 locali (le 2.45 del mattino in Italia) vicino alla città di Saint-Bernard, nella parte meridionale dell'isola di Leyte. «Il fango è franato dalla montagna e ha ricoperto il villaggio nello spazio di qualche secondo», ha riferito Rosete Larias, governatore dell'isola. «Non ci sono segni di vita, non ci sono più tetti né mura, non c'è niente», ha aggiunto. «Ho un barlume di speranza: entro 24 ore si possono ancora trovare dei sopravvissuti».
Le immagini riprese dagli elicotteri confermavano la gravità del disastro. A Guinsaugon abitavano dalle 3 alle 4 mila persone, dice il deputato locale Roger Mercado, secondo cui il bilancio finale dei morti sarà superiore ai duemila.
Stavolta un destino atroce ha voluto giocare la sua parte. Diverse centinaia di abitanti che erano stati evacuati nei giorni scorsi dall'abitato pproprio a causa delle violente piogge vi avevano appena fatto ritorno profittando della migliore situazione metereologica.
Il presidente delle Filippine Gloria Arrojo ha annunciato in tv che sono partiti i soccorsi «per aria, terra, e mare: unità della marina serviranno da ospedali galleggianti e da centri di coordinamento per le operazioni della protezione civile».
Intanto si è messa anche in moto la solidarietà internazionale. Due navi da guerra statunitensi che partecipavano a manovre a nord di Manila, hanno cambiato rotta per dirigersi nella zona colpita. A Ginevra, invece, la Croce Rossa Internazionale ha sbloccato 128 mila euro dal suo fondo d'emergenza per questa calamità mentre l'Unicef ha fornito 10mila kit con farmaci e beni di prima necessità capaci di soddisfare 10mila persone. I soccorritori, però, sono messi in difficoltà dal perdurare della pioggia, mentre il terreno, pregno d'acqua, impedisce il transito dei mezzi con equipaggiamenti pesanti.
Secondo il responsabile del centro governativo di vulcanologia, Rene Solidum, un sisma di grado 2,6 sulla scala Richter è stato registrato alle 10.36 nel sud dell'isola, ma non sarebbe stato la causa del disastro. O almeno non la sola causa. «La zona era sul punto di franare a causa delle piogge, e il debole terremoto ha forse accelerato gli eventi», ha detto Solidum.
Come in analoghi casi nelle Filippine, si punta il dito sulla deforestazione selvaggia, che ha reso instabili i terreni. Le piogge - che dal 6 febbraio battono la zona con un bilancio che era già di 20 morti - hanno fatto il resto.


E ieri il cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato del Vaticano, ha fatto pervenire, a nome del Papa Benedetto XVI, un telegramma di cordoglio al Vescovo Precioso Cantilas, di Maasin.

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