Pedro Armocida
da Roma
Dopo le due recenti anticipazioni de Il Giornale è stato finalmente presentato con tutti i crismi alla stampa il volume Articolo 28 curato da Cinecittà Diritti (società sciolta il 22 febbraio scorso e riassorbita all'interno di Cinecittà Holding) in cui per la prima volta vengono catalogati tutti i film finanziati grazie al famigerato articolo 28 della legge del 1965 per le opere prime e seconde. 484 film in tutto, dal '66 al '94 (quando venne ritoccata la legge), di cui solo 44 hanno restituito i soldi percepiti. Dei restanti film, una nutrita pattuglia risulta ancora iscritta nel «contenzioso» Bnl (la banca preposta a erogare i fondi) mentre addirittura 346 non sono riusciti a saldare il debito e sono quindi diventati di proprietà dello Stato e parcheggiati presso la Cineteca Nazionale. L'intento ora è quello di sfruttarne organicamente i diritti, grazie a una convenzione tra il Ministero dei beni culturali e Cinecittà che sarà l'unica società a gestirli. Il clima nell'affollata Casa del cinema era caratterizzato da un generale plauso dell'articolo 28. Gaetano Blandini, direttore generale del cinema, ha parlato di «geniale, straordinaria, fondamentale invenzione del legislatore dell'epoca. Una vera e propria palestra per i giovani». Ricordando, a ragione, i nomi dei debuttanti illustri: tra gli altri Avati, Bertolucci, Faenza, Moretti, Rubini, Salvatores, Paolo e Vittorio Taviani. E a Michele Lo Foco, presidente di Cinecittà Diritti, che parlava di casi di proventi distratti allo Stato, Blandini ha ricordato che l'indagine della Corte dei conti si è chiusa con un «nessun danno all'erario». Tutto bene quindi? Non proprio. Perché si attende la seconda parte dello studio riguardante i fondi di garanzia dal '94 al 2004.
Film scomparsi, presto il secondo libro
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