Che cosa fanno gli sfruttati, se si emancipano? Sfruttano. Lo constata Ken Loach in In questo mondo libero, in concorso ieri alla Mostra di Venezia. Il titolo rende male l'originale, It's a Free World («È un mondo libero»), che evoca ironicamente l'autodefinizione di «mondo libero» degli Stati Uniti e dei loro alleati, riferendola ai cambiamenti economici globalizzanti. Un filone quello dei suoi film sul tema, ma qui c'è una variante la reazione violenta, se non armata, degli immigrati contro la sfruttatrice (Kierston Wareing), ex impiegata di un'agenzia per il lavoro interinale che si è messa in proprio, diventando come i vecchi capi che disprezzava. È una verità vecchia come il mondo. Loach recupera però il suo ritardo con un film che cede solo negli ultimi minuti. Il finale ricorda la magnifica prefazione di Sartre ai Dannati della terra di Fanon. Solo che Loach prima evoca/invoca la rivolta dei paria, poi la rappresenta incruenta! Il film è comunque piacevole. Il vecchio laburista, padre disgustato della sfruttatrice, è il suo alter ego.
L'altro film in concorso ieri è agli antipodi. Gli amori di Astrea e Celadon di Eric Rohmer è tratto infatti dal romanzo seicentesco d'Honoré d'Urfé, ambientato nella Gallia dei druidi e delle ninfe. Il modello è quello dei miti greci. Astrea (Stéphanie Crayencour) ama Celadon (Andy Gillet), ma lo respinge credendosi tradita.
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