Film verboso ma almeno non dura tanto

Ci sarà mai un film prodotto e diretto da Robert Redford che non sia verboso? Lo è Lions for Lambs («Leoni per agnelli») esattamente come lo erano Gente comune, Milagro, In mezzo scorre il fiume, L'uomo che sussurrava ai cavalli e La leggenda di Bagger Vance. Ma almeno Lions for Lambs, proposto ieri dalla Festa di Roma, ha una lunghezza passabile: sono tre episodi connessi, direttamente o indirettamente, alle guerre neocoloniali degli Stati Uniti e al dibattito che agita una democrazia viva. Due degli episodi sono puri dialoghi: quello fra il giovane ministro neocon (Tom Cruise) e la matura giornalista pacifista (Meryl Streep) e quello fra un docente (Redford stesso) e un discente (Andrew Garfield) dotato ma pigro, con Redford che da lui esige l'impegno di altri due allievi (Michael Pena e Derek Luke), ora volontari per l'Afghanistan. Mentre a Washington e a Los Angeles si parla, i due militari si battono su una montagna afghana, in una scaramuccia di cui l'unica traccia sarà far ritoccare il numero delle perdite in un telegiornale. Morale? Solo le idee vissute sono vere: i due combattenti, i leoni, siano d'esempio. I politici (gli agnelli, ma - più sostanzialmente - gli sciacalli), che li mandano a combattere senza i mezzi necessari, condannandoli a morte, siano allontanati. Quindi alla giornalista, che si accorge d'essere stata strumentalizzata dal politico (che un tempo stimava), non resta che piangere; all'allievo pigro non resta che smettere d'esserlo, magari senza andare anche lui a farsi ammazzare. La misurata polemica è efficace spettacolarmente solo quando battibeccano cortesemente Cruise e la Streep. Non si può dire lo stesso di Redford, anche perché, dopo il lifting, ha cambiato espressione: chi lo segue fin da Situazione disperata ma non seria, accanto ad Alec Guinness (1965), si sente a disagio; per gli altri è solo un vecchio con lo sguardo fisso e una dentiera non delle migliori.
Non abituati a ragionare secondo diversi fusi orari, come fanno gli americani, gli italiani stenteranno a capire che le continue inquadrature degli orologi devono far capire che gli episodi sono sincroni.

In fondo è la trovata migliore del film. La Streep è al secondo film alla Festa: nel primo, Rendition, era la gelida funzionaria della Cia, con la stessa magnifica disinvoltura. Proprio alla Festa, la Loren ha detto d'odiarla. Invece dovrebbe invidiarla.

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