Politica

«Finalmente una corte che vuole capire»

dal nostro inviato a Torino

Sta seduto vicino al figlio Stefano per cinque ore. Poi, al primo break, Mario Lorenzi, presente in aula con la moglie Alida, si offre alla selva di microfoni e telecamere che lo assediano: «Mi sembra ci sia un clima di collaborazione fra le parti, ho una buona impressione, mi sembra un segnale positivo che si voglia vedere chiaramente». Tutta un’altra musica rispetto allo spartito letto in primo grado dal giudice Eugenio Gramola. Questa volta, su un campo apparentemente più difficile, la difesa trova consensi insperati, perfino dal Pg Eugenio Corsi. «Questo mi sembra il vero processo», prosegue il suocero di Anna Maria Franzoni. Certo, Corsi ha elencato i punti oscuri della personalità della mamma di Samuele: i formicolii e le crisi d’identità manifestati dalla signora Franzoni la sera prima della morte del figlio. «Questi malori, queste crisi, che potrebbero essere di ansia dovrebbero essere studiate e riviste sperando che la signora voglia aiutare tutti a comprendere la sua personalità».
Mario Lorenzi ascolta poi liquida le sue congetture come leggende metropolitane: «Mia nuora non soffriva di crisi depressive. Era venuta a Bologna dieci giorni non perché in crisi, ma a trovare la sua famiglia. È un fatto normale: se la lasciano parlare in aula penso che non abbia alcuna difficoltà». Anche se, per ora, la Franzoni, l’aria tranquilla anzi serena, sceglie un basso profilo: tace con i cronisti, parlotta fitto solo con i familiari, accenna un sorriso e un «grazie» a una donna che le ha stretto la mano e l’ha incoraggiata dicendole «le sono vicina». Lorenzi senior è soddisfatto. Come Carlo Taormina, il vero vincitore della prima giornata. L’avvocato mostra gli artigli solo un paio di volte, in particolare a fine udienza quando i giornalisti calano minacciosi verso il banco della Franzoni: «Signor Presidente, ci dia assicurazione che non saremo investiti da questa orda barbarica». Poi si ricompone e squaderna il proprio buon umore: «Credo che il punto di partenza sia buono. A me pare che ci sia stata una posizione di grande equilibrio e mi pare soprattutto che abbiamo a che fare con una corte che vuol capire. Se la sentenza di primo grado fosse stata condivisa in tutto o in parte, certamente in un dibattimento di appello, proveniente da un giudizio di primo grado, non si sarebbe mai vista tutta questa rinnovazione di prove». Taormina se ne va con un sorriso lungo così. E si prepara già lunedì a mettere in difficoltà i carabinieri di Aosta, chiamati a testimoniare sui video spariti e ritrovati.

L’avvocato andrà all’attacco e con loro proverà a infilzare pure il Ris di Parma, il reparto dell’Arma che di fatto ha gestito tutta la parte scientifica delle indagini.

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