«Il Financial Times contro Mediaset per favorire Murdoch»

Cita Rudyard Kipling e torna all’India di fine Ottocento, ma la storia serve a Fedele Confalonieri per immergersi nel presente. E per andare all’attacco del Financial Times e del suo editorialista di punta, Tony Barber, secondo il presidente di Mediaset, «si muove con un’arroganza che sfiora il razzismo». E considera l’Italia una provincia remota da colonizzare, utilizzando, guardacaso, le parabole di Sky. La tv del magnate Rupert Murdoch, da sempre indicato come il lupo che vorrebbe divorare Mediaset.
Antefatto: il 25 maggio il quotidiano della City affila un’analisi durissima firmata da Barber. Il giornalista bolla la tv italiana con parole definitive: «È povera di idee, se non sciocca». E si basa «su showgirl poco vestite e notiziari politicamente orientati». Insomma, Barber non salva niente, ma il suo articolo è ancora più tagliente nei confronti del gruppo di Segrate. Ricorda, lui che si occupa di finanza, che le azioni dell’azienda sono crollate del 60 per cento nell’ultimo anno, toccando il livello più basso dal debutto in Borsa, nel 1996, a quota 1,31. Non solo. Si sofferma sull’amicizia fra Silvio Berlusconi e Bettino Craxi che avrebbe favorito Mediaset nei primi dieci anni di vita; si dilunga sul conflitto d’interesse e accenna al beauty contest, promosso da Berlusconi quando era premier per «aiutare Mediaset e Rai nell’assegnazione delle frequenze» e poi cancellato da Mario Monti.
Confalonieri legge e non manda giù. Dopo aver meditato a lungo, finalmente scrive la sua risposta che atterra in redazione e viene pubblicata nella pagina delle lettere: «Tony Barber - è l’incipit - insulta l’intera televisione generalista italiana». Che per l’amico del Cavaliere non è niente male. Anzi: «Può vantare una ricchezza e una completezza di offerta superiore a quella media dei broadcaster mondiali. Non c’è praticamente successo televisivo offerto nel mondo che non arrivi ai telespettatori della tv generalista gratuita. Grazie al lavoro di miglia di dipendenti e professionisti italiani del settore».
Fin qui la difesa della bandiera tricolore. Poi il numero uno di Mediaset va all’attacco passando per l’India di fine Ottocento, con una sofisticata digressione fra il colto e l’ironico. «Non c’entra - spiega Confalonieri - la politica, l’economia o la cultura. C’entra un’arroganza che sfiora il razzismo». E qui, con una perfida citazione, il presidente di Mediaset si ancora a una poesia del grande Kipling, Il fardello dell’uomo bianco, per colpire la penna irriverente della City. Dunque, il grande autore british in quei versi descriveva l’India, paese arretrato e istradato verso il progresso dall’impero di Sua Maestà. Qua, taglia corto e malizioso Confalonieri, «Mr. Barber invoca nel 2012 la civilizzazione dell’Italia».
Il successivo passo poggia sulle gambe di Sky: è la tv di Murdoch che «porta sulle spalle il fardello della nostra civilizzazione». Da Kipling allo Squalo, il gioco è svelato. E dopo aver saccheggiato la grande letteratura Confalonieri punzecchia ancora Barber sottolineando una sua frase più che sospetta: «L’innovazione tecnologica è rappresentata da Sky Italia».

Un po’ troppo, par di capire, per la stampa anglosassone, sempre descritta come fredda e imparziale ma sempre pronta a schierarsi dalla parte del più forte. Che dire? Londra celebra i sessant’anni della Regina. Confalonieri può chiudere con un augurio altrettanto patriottico: «God save the screen».

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