Gianni Baget Bozzo
Potrebbe essere la Finanziaria del ministro dellEconomia che, per il suo passato di banchiere europeo, non poteva non avere come obiettivo che il rientro dei parametri di Maastricht in termini assai più rapidi di quelli consentiti, grazie al governo Berlusconi, a Francia e Germania. Al suo personaggio si addice il rigore europeo. Egli si è limitato a mediare tra i vari partiti per ottenere che le loro richieste non impedissero questo obiettivo.
Ma limpostazione etico-politica della Finanziaria è tutta di Romano Prodi. Per questo assume un livello morale come introduzione dellequità sociale in un Paese visto come moralmente degradato dalla ingiustizia del suo rapporto con i poveri. La Finanziaria di Prodi doveva far parte della finanza etica, lo richiede il collocamento del personaggio.
La fortuna di Prodi nel periodo postdemocristiano non è dovuta alla carriera di Prodi nel periodo democristiano. Non è il fiduciario di De Mita allIri, né il presidente dellIri che ne costituiscono il titolo. E non è nemmeno lex presidente della Commissione Europea. Prodi deve le sue fortune al fatto che egli era designato da un leader spirituale e politico a un tempo come don Giuseppe Dossetti.
Non è un caso che la Chiesa bolognese, quando don Dossetti la governava spiritualmente, proclamasse, per bocca del cardinale Lercaro, che la Chiesa era la Chiesa dei poveri. Questa formula apparentemente evangelica comportava una potenza di ideologia politica che apparve nella teologia della liberazione dellAmerica Latina. Ma non era questo il filone a cui don Dossetti guardava: era il progetto a costituire in Europa un centro culturale alternativo alla teologia del papato, di creare cioè dei cattolici critici della teologia romana, diretti da un centro spirituale e politico che era lui, don Dossetti, e il suo centro di Bologna, ora Fondazione Giovanni XXIII. È nata così la scuola bolognese, il cui scopo è di assumere la direzione politico-intellettuale dei cattolici italiani sulla base di una teologia e di una prassi politica unite che comportavano appunto che Bologna e non Roma fosse la centrale politica dei cattolici italiani.
Il disegno di don Dossetti era un disegno culturale e politico assieme, fondato sul titolo del suo monachesimo e dalla sua concezione secondo cui toccava ai monaci, e non ai vescovi, guidare la Cristianità. E Dossetti scelse Prodi come suo esponente politico della realtà italiana tenendolo lontano dalladesione alla Dc. Prodi non ha avuto altro titolo che questa designazione divenuta formale, quando Dossetti attaccò Berlusconi, Fini e Bossi nelle elezioni del 94 e poi, nel 96, benedisse lUlivo come simbolo di Prodi. La storia e linfluenza di don Dossetti nella Chiesa è ancora da scriversi. Ma egli era stato lo stratega della linea progressista nellaula conciliare del Vaticano II quando, portato alla segreteria dei moderatori del Concilio dal cardinale Lercaro, riuscì a far votare dallaula il termine allora più controverso nel suo significato, di collegialità della Chiesa.
Il cattolico «adulto», come Prodi si definisce, è il cattolico dossettiano che non ha il concetto dautonomia della politica, cioè il concetto di laicità che è nella tradizione, ma il concetto di direzione spirituale della politica. E questo titolo gli è conferito dalla designazione di don Dossetti alla direzione della politica italiana. Non esiste qui la differenza tra politica e Chiesa, ma la differenza tra carisma intellettuale e gerarchia. Prodi non è una alternativa a Berlusconi, è lalternativa a Ruini, è lalternativa al Vaticano fondata sulla lettura autentica del Concilio fornita dalla scuola di Bologna e da don Giuseppe Dossetti. Prodi fa la sua Finanziaria mentre la scuola di Bologna celebra il decennale della morte del suo fondatore con iniziative nazionali.
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