Fabrizio de Feo
nostro inviato a Montecatini (Pistoia)
Finora alla linea della differenziazione forzata dell'Udc erano arrivate soltanto critiche accennate e neppure troppo convinte. Nel centrodestra c'era chi si trincerava dietro il rispetto per la libertà di scelta di ciascuno. Chi scrollava le spalle con fare pilatesco. Chi volgeva il tutto al positivo sottolineando la volontà di lotta contro Romano Prodi, una tensione comune anche a Pier Ferdinando Casini, sia pure attraverso strumenti e modalità diversi. La «tregua», ovvero la strategia di basso profilo tenuta dal resto della Cdl sulla manifestazione palermitana dell'Udc sullimmigrazione, si è però interrotta ufficialmente e bruscamente. Con la fotografia di un dissenso venuto alla luce tanto sul dato politico quanto su certe scelte considerate umorali e inutilmente personalistiche.
È Gianfranco Fini a uscire dall'ambiguità e a puntare il dito contro il leader di Via Due Macelli. Parlando di fronte alla platea dei circoli giovani di Marcello Dell'Utri il numero uno di Via della Scrofa si lancia in una critica frontale all'alleato centrista. «Basta con i comportamenti infantili: per battere Prodi bisogna fare opposizione ovunque. Non c'è una manifestazione buona, che sta con la gente, e una cattiva che punta alla spallata. È ora di rispettare il popolo e le sue espressioni». Il leader di An confessa tutto il suo «dispiacere per chi come nell'Udc, differenziandosi dagli altri alleati, dà peso alla convinzione della sinistra secondo cui quando ad andare in piazza è l'Unione è un elemento di democrazia, quando ci va la Cdl - e lo fa senza bruciare i manichini dei nostri soldati e gridare slogan atroci - esprime una deriva plebiscitaria. Mi spiace - conclude - che l'Udc con le sue differenziazioni dia peso a questa tesi sostenuta dall'Unione».
Fini, dopo aver citato il partito centrista nel suo insieme, restringe il campo e attacca esplicitamente l'ex presidente della Camera: «Non capisco perché anche nella nostra coalizione, e mi rivolgo all'amico Casini, ci sia ancora qualcuno succube delle parole: non esiste una manifestazione che esprime un legittimo dissenso e una che vuole dare una spallata al governo. Ogni volta che il popolo scende in piazza ed esprime la sua opinione va rispettato. Sappiamo bene che non sarà una manifestazione a far cadere il governo, ma questa è una cosa che nessuno di noi ha mai pensato».
Il leader di An, piuttosto che alimentare il mito della spallata all'esecutivo, offre i suoi consigli di strategia: «Io ritengo che Prodi possa andare a casa molto prima di quanto pensano molti, a condizione che ci sia l'unità del centrodestra e che la strategia non sia quella di dare spallate ma di incunearsi nelle contraddizioni dell'Unione per farle esplodere. Il governo cadrà nel momento in cui i pallidi fantasmi attuali, i riformisti, si renderanno conto della loro inutilità politica. Mi rivolgo a quelli che dicevano: noi saremo al centro e faremo da argine alle derive classiste della sinistra. Costoro se hanno una coscienza guardino in faccia la realtà. E noi, dentro il centrodestra, smettiamola di battibeccare tra di noi». Parole chiare che accendono un'ovazione in una platea quasi interamente «azzurra» ma che evidentemente sente Fini come qualcosa di più di un interlocutore affidabile.
Il leader di An, prima dell'incontro si ferma a parlare con Marcello Dell'Utri, a cui dal palco riserva un omaggio non di cortesia: «Io conosco tanti uomini politici. Marcello Dell'Utri è qualcosa di più, è un uomo, un uomo vero». I due concordano su un fatto: inutile stare a fare tante chiacchiere, piuttosto facciamo partire il progetto del partito unitario e uniamo le nostre macchine «perché i partiti non si fanno in laboratorio. Ci sono resistenze ad aggregazioni e alla confluenza in un unico rassemblement, resistenze che giungono più dagli eletti e non dagli elettori. Bisogna far capire a chi si attarda in difese di piccole nicchie di potere che il popolo delle libertà è molto più avanti di alcuni piccoli ma autorevoli esponenti del centrodestra medesimo».
Fini si concede una carezza rivolta direttamente alla platea gremita dei giovani dei circoli. «È un luogo comune dire che i ragazzi non credono alla politica - ammonisce Fini -. La politica è progetto e l'unico vero progetto non viene dai cascami ideologici, dai grandi miti incapacitanti della sinistra come l'egalitarismo. Nel pantheon culturale dei valori di centrodestra ci sono idee che oggi si rivelano vincenti, idee che la sinistra egemone metteva da parte con l'accusa infamante di essere idee che non garantivano il progresso.
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