Onorevole Roberto Cota, siamo al giorno della verità.
«Sì, speriamo»
Lei che cosa si aspetta?
«Di andare a Roma e approvare la Finanziaria».
Ma no, che cosa si aspetta da Silvio Berlusconi in piazza Duomo a Milano.
«Ah, il famoso predellino 2. Non mi aspetto nulla. E non capisco perché voi giornalisti siate così agitati».
Più che i giornalisti sono i politici ad agitarsi. Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ha detto che se si torna alle urne è pronto uno «schieramento repubblicano in difesa della democrazia».
«Le dichiarazioni di Casini sull’alleanza con Pd e Idv sono solo prodromiche alle sue alleanze per le Regionali. Peccato che facendole, quelle alleanze, perderà voti».
Voti che voi state cercando di rubargli, vista l’operazione di riavvicinamento con il Vaticano?
«Guardi, la questione è semplice: i cattolici votano chi porta avanti i loro valori. È chiaro che oggi il loro punto di riferimento siamo noi. È un dato oggettivo, perché abbiamo valori coincidenti, dalla famiglia naturale al testamento biologico, dalla battaglia per il crocifisso al federalismo, che, si pensi a don Sturzo, si sposa bene con il pensiero cattolico, là dove la Chiesa da sempre propugnato il radicamento territoriale».
Sull’immigrazione però a Milano avete attaccato il cardinale Dionigi Tettamanzi, non una grande mossa.
«Per me fanno testo le parole di Tarcisio Bertone, che è il segretario di Stato di Sua Santità».
Al convegno su don Sturzo vi ha dato un grande riconoscimento, dicendo che la Lega rappresenta oggi un presidio sul territorio come una volta lo erano le parrocchie.
«È esattamente così e di certo non siamo stati noi a sollecitare Bertone».
E dire che Bossi una volta diceva: non so se Dio esiste, ma se esiste non si occupa di politica. Cosa non si fa per prendere voti, ora vi tocca la svolta bigotta...
«Guardi che noi abbiamo sempre avuto la stessa linea. È Casini che tradisce la sua alleandosi con il Pd e l’Idv. In Piemonte, per dire: per un cattolico allearsi con Mercedes Bresso significherebbe negare i propri principi».
In Piemonte voteranno Cota, allora, in Lombardia Formigoni. E in Veneto?
«Questo lo diranno Berlusconi e Bossi, non io».
Se Berlusconi salisse sul predellino e annunciasse che si torna alle urne?
«La Lega continuerebbe a prendere voti e Casini non tornerebbe al governo, si metta l’anima in pace. Io però sto ai fatti. Berlusconi ha detto che non ci ha mai pensato. E poi perché dovrebbe tornare al voto scusi? Ha un governo con molte cose da fare e una maggioranza coesa, come dimostra il voto sulla cittadinanza, che non solo ha stabilito che non sarà breve, ma ha posto ulteriori paletti...».
Sì, intanto però Gianfranco Fini si smarca in continuazione...
«Io ho un buon rapporto con Fini, da capogruppo della Lega alla Camera gli parlo tutti i giorni».
È Fini che non ha un buon rapporto con la Lega, a proposito di valori cattolici vi ha pure fatto quella battuta sugli extracomunitari nel presepe...
«Fini fa parte del Pdl. E nei partiti la dinamica dovrebbe essere questa: ognuno esprime la sua opinione nel dibattito interno, ma poi si attiene alla linea. Anche Fini dovrebbe farlo».
Dovrebbe, ma non lo fa. Fini ha preso le distanze dal discorso di Berlusconi al Ppe sul «partito dei giudici».
«Sì e non ho capito perché: Berlusconi non ha detto nulla di nuovo. Che ci sia una riflessione da fare sulla Corte costituzionale è palese. È l’organismo supremo di garanzia, eppure si è comportata come un giudice di pace: ha bocciato il lodo Alfano sconfessando un precedente del 2004».
Il lodo Schifani.
«E così facendo ha violato il principio di leale collaborazione fra poteri dello Stato. È un problema che va affrontato».
Anche il 41 bis è un problema da affrontare?
«Di certo non si può continuare con la logica del: io pentito parlo e tu Stato mi paghi in termini di benefici».
Graviano ha smentito Spatuzza sui rapporto con Dell’Utri.
«Le dichiarazioni di Spatuzza erano tanto assurde che certo non serviva la smentita di Graviano. Resta il fatto che i pentiti possono essere strumenti di vendetta nelle mani della mafia, soprattutto di fronte a un governo come questo che alla mafia ha sferrato un attacco senza precedenti. Maroni ha inferto colpi pesantissimi, e la mafia colpisce chi la attacca».
Intanto c’è Antonio Di Pietro che paventa azioni violente di piazza contro il governo.
«Di Pietro con Berlusconi è come il toro con il rosso. Ma non lo seguirà nessuno: la gente segue le persone affidabili, che la credibilità se la sono conquistata sul campo, come Umberto Bossi».
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