Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata al «Giornale» da Ivana Govoni, figlia di Marino, uno dei sette fratelli Govoni vittime dell’eccidio di Argelato. Tra l’8 e l’11 maggio del 1945 - a conflitto già terminato - un commando di partigiani rastrellò nei paesi delle campagne bolognesi Pieve di Cento e San Giorgio di Piano diciassette persone colpevoli o sospettate di simpatie fasciste. Furono poi tutte uccise e sepolte in una fossa comune. Dei sette fratelli Govoni, soltanto due avevano aderito alla Repubblica sociale italiana fondata da Mussolini nel settembre 1943.
Caro Direttore Feltri,
sono Ivana Govoni, figlia di Marino Govoni, uno dei sette fratelli uccisi a Pieve di Cento dai partigiani comunisti e gettati in una fossa comune ad Argelato. Parlo in nome di mio padre, che so sarebbe d’accordo con ogni mia sillaba. Vorrei ricordare all’onorevole Gianfranco Fini che la sua vita politica, la sua carriera, la sua elezione a deputato è sempre stata dovuta ai voti delle «C» come Camerati, e non «C» come Compagni. Almirante, Michelini, Romualdi e Roberti stanno saltando nella tomba nel vedere e sentire quest’uomo tradire per la sua ambizione personale quello che con sangue e dolore essi hanno creato.
Invito tutti coloro che sono stati iscritti ad Alleanza nazionale, avendogli prestato fede, a rendere noto all’onorevole Fini il loro disgusto. È un voltagabbana, lui che aveva giurato di non tradire mai i suoi ideali.
Ringrazio lei, direttore Feltri, per la giusta campagna di verità che ha condotto. E dico qui la stima mia e di tanti altri per il presidente Berlusconi: finalmente uno che non ruba né i nostri denari né i nostri ideali.
Sono ben felice che mi sia data la possibilità di esprimere sul Giornale questi miei sentimenti.
Ivana Govoni
La strage ignorata del '45: sette fratelli massacrati di Giordano Bruno Guerri
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