Fini strappa ancora: «Il presidenzialismo? Non ora»

RomaAllo scoccare della quarantottesima ora il presidente della Camera parlò. Avanzando sul filo del rasoio, ben attento a non alzare troppo il tono della polemica interna nel Pdl, Fini dribbla anche le domande sulle sue aspirazioni future: Palazzo Chigi o Quirinale? «Evitiamo di entrare in questo ginepraio».
Non molto contento degli incentivi governativi («vecchia logica, meglio incentivare le imprese affinché assumano i nostri giovani»), in parte neppure convinto del presidenzialismo, il numero uno di Montecitorio fa un breve e velenoso accenno alla manifestazione di piazza San Giovanni, e soltanto sul numero dei partecipanti: «Bravo il ministro Maroni, ha avuto il senso delle istituzioni a ricordare che nel ministero dell’Interno, nelle prefetture e nelle questure operano funzionari che sanno il fatto loro. Encomiabile dichiarazione...».
Altri sono i temi che il presidente Fini, in terra veneta, e dunque presuntivamente leghista, ha in animo di esprimere. Anzitutto l’ingombrante alleato. «Il rapporto con la Lega è strategico - dice - non solo per il Nord ma per tutta l’Italia. Certo che se il Pdl è una fotocopia della Lega perché uno dovrebbe votare la fotocopia e non l’originale? Credo che il Pdl possa avere un ruolo di leader della coalizione del centrodestra nel momento in cui sa essere differente dalla Lega senza appiattirsi in tutto sulle posizioni del Carroccio». Per sdrammatizzare, Fini chiede in regalo una bandiera veneta con tanto di leone di San Marco: «È bella e sono convinto che per essere orgogliosamente veneti bisogna essere orgogliosamente italiani. Se me la date, me la porto a casa». Detto, fatto.
Le sue parole saranno però giudicate «un’opinione scontata» dal coordinatore del Pdl, Sandro Bondi. «Pdl e Lega sono due partiti diversi - ricorda Bondi -, ma uniti da uno stesso programma al punto che non si può escludere in futuro una forma più alta di convergenza». La questione Lega serve però a Fini per introdurre il tema dell’immigrazione, «una grande sfida del futuro» per la quale bisognerebbe «discutere senza paraocchi». «Non ho la ricetta, ma la politica deve trovare le risposte a un disagio forte. Non basta dire che vince la xenofobia in certe parti d’Europa, bisogna capire l’origine di certe votazioni». Dunque, occorre avanzare sul piano dell’integrazione sociale, attraverso il diritto di voto amministrativo, la concessione delle nazionalità, l’adesione ai nostri valori, il rispetto delle nostre leggi.
Infine, sulla proposta di riforma presidenzialista rilanciata da Berlusconi, Fini sembra sulle prime alquanto «freddino». «Mi fa piacere che se ne parli, ma non con gli slogan. Mi sembra una riforma un po’ complessa da portare avanti con l’attuale scenario politico e l’attuale opposizione». Parole che, secondo Fini, venivano «capovolte in modo assurdo» nei resoconti delle agenzie di stampa.

Solo un’impressione di freddezza, allora: la successiva nota del presidente della Camera precisa che «il presidenzialismo sarebbe una riforma importante e positiva, si tratta di valutare il grado di condivisione che simile riforma può avere in questa legislatura».

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