Fini: «Tutta la Cdl in piazza contro le tasse»

Le famiglie italiane vittime di una manovra vessatoria

Gianandrea Zagato

da Milano

La Casa delle Libertà in piazza contro la stangata «classista» del Governo Prodi. Proposta suggerita da Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Pierferdinando Casini: «Una grande manifestazione che si deve tenere al Nord perché al Nord più che altrove è emblematico l’attacco classista della Finanziaria». Protesta di piazza dopo che «Confindustria ha sparato contro a palle incatenate» e dopo che «pure l’operaio fa i conti e scopre come la logica di questa Finanziaria è quella di chi dà con la destra ma toglie con la mano sinistra».
Applausi dal popolo della festa tricolore milanese di Alleanza nazionale che affolla il salone della Borsa, dove moderatore il direttore de il Giornale, Maurizio Belpietro, si svolge il confronto tra il presidente di An e il ministro dell’Interno Giuliano Amato. Che silenzioso ascolta i virgolettati dedicati dal presidente di An alla manovra dell’Unione: quella che falcia il ceto medio, e che, annota Fini, «non fa stare allegri perché il buongiorno si vede dal mattino».
Stangata della serie «anche i ricchi piangono» come recita quel sobrio manifesto affisso da Rifondazione comunista, con tanto di scritta a caratteri cubitali riprodotta sulla fotografia di un megayacht che non è certo nel bilancio delle famiglie italiane. Amato lo definisce una «sciagurata idea»: «È una fotografia, una vignetta che fa male agli italiani che guadagnano trenta-trentacinquemila euro. Assurdo pensare che lo scopo di una Finaziaria sia quello di “far piangere anche i ricchi”».
Già, tutto vero ma resta il problema: le famiglie italiane sono vittime «di una finanziaria dall’accentuazione classista» e gli esempi si sprecano spiega Fini: si va dalla sanità «il cui costo nelle Regioni che non governano ovvero in deficit ricade sul malato» agli estimi catastali che «i Comuni potranno rivedere insieme alla delega di aumentare le imposte» passando dal Tfr che «passa all’Inps» e ai lavoratori autonomi che «si vedono aumentate le aliquote». Nessuno stupore, continua Fini: «Prove, solo riprove di una Finanziaria che colpisce il “nemico di classe” ovvero la borghesia, il ceto medio e i padroni» ossia «logiche che appartengono al secolo scorso».
Amato non si sottrae, naturalmente, alla spiega della loro Finanziaria con l’avvertenza che «per meglio valutarla bisogna prima conoscerla al di là di una veloce impressione»: per il ministro dell’Interno si tratta di un restyling «con l’aliquota del 43 per cento allineata da settantamila euro ai centomila» sapendo, sostiene, che «solo l’un per cento degli italiani ha un reddito superiore ai 75mila euro» e, quindi, c’è «per i redditi più bassi un recupero dal punto di vista fiscale». Opinione accompagnata da una preoccupazione, «spero di trovare le risorse che servono a garantire la sicurezza al Paese» che, ad esempio, si traduce «nella possibilità di mettere mano al parco auto della polizia, dove ci sono “maree” con più di seicentomila chilometri sulle spalle».
E Fini offre all’interlocutore una «provocazione» - «utilizza per le forze dell’ordine quei fondi che vorresti utilizzare invece per offrire un sostegno di “reintegro” agli immigrati clandestini che ritornano nei loro Paesi» - e una «proposta» - «non mettete la fiducia al Senato e su alcuni emendamenti - quelli dedicati alle risorse per le forze dell’ordine - noi votiamo». «Provocazione» e «proposta» che chiudono un confronto caldo dove, tra l’altro, si sono affrontati altri temi bollenti quali la cittadinanza agli immigrati.
Occasione sfruttata da Fini per ribadire che «essere cittadini non è né uno status né un diritto» e che «bisogna accettare i valori di forza della nostra società»: ma, attenzione, «la cittadinanza una volta concessa può essere revocata». Come dire: «Chi chiede di essere cittadino italiano deve accettare questo Paese come sua patria e non come il Paese che lo ospita e che, magari, sotto odia». Disponibilità, dunque, «al dialogo ma non a priori» sapendo che si gioca «la capacità della nostra società a interagire» e che «al Nord c’è ipersensibilità sul tema».
E sempre sul fronte immigrati, Fini fa sapere che «non mi sta bene lo sponsor introdotto dal governo Prodi» perché strumento che facilmente può essere «sfruttato da associazioni e sindacati».

Neppure «mi sta bene» quell’elenchino di nomi e cognomi che i «consolati italiani dovrebbero raccogliere» perché «sapere che l’Italia paga i clandestini per ritornarsene ai loro Paesi non può che incentivarne l’ingresso». Ma Amato non cambia idea: l’operazione «cittadinanza facile» non si ferma.

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