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La Fiom continua a puntare i piedi I polacchi pronti ad approfittarne

Si potrebbe parlare di concorrenza sleale, cioè approfittare di una determinata situazione per ottenere dei vantaggi. Ma in questo caso a prevalere tra gli operai polacchi della Fiat è la voglia di dimostrare tutto il loro attaccamento alla linea di montaggio e alla pagnotta, anche se quella che mangiano tutti i giorni è sicuramente meno farcita rispetto a quella dei colleghi italiani (in busta paga la differenza è su per giù di 700 euro mensili, pur rapportata al differente costo della vita). Alla vigilia del vertice finale di oggi sul futuro della fabbrica di Pomigliano d’Arco, destinata dal piano dell’amministratore delegato Sergio Marchionne, a ospitare la produzione della nuova Fiat Panda, gli operai di Tychy fanno sapere di essere pronti a lavorare anche il sabato, pur di convincere il Lingotto a mantenere in Polonia la linea di montaggio della city-car.
La sindacalista Marian Jakubowski, parlando al quotidiano locale Dziennik Gazeta Prawna, non ha usato mezzi termini: «Vogliamo tenerci la Panda e, per questo, diamo la disponibilità a venire in fabbrica anche al sabato». Il messaggio ai colleghi napoletani e ai sindacalisti che oggi li rappresenteranno al tavolo con la Fiat è chiaro: «Capitasse a noi un’occasione del genere non ce la faremmo sfuggire».
A Pomigliano d’Arco, intanto, il clima che si respira a poche ore dall’incontro (la Fiat sarà rappresentata da Paolo Rebaudengo, grande esperto di trattative) è pesante. Tra gli operai c’è molta preoccupazione: la Fiom, pur dichiarandosi insieme alle altre organizzazioni metalmeccaniche disponibile a un’intesa, anche ieri ha puntato i piedi. Il nodo che si tenta di allentare riguarda le deroghe al contratto nazionale di lavoro e alle leggi in vigore sui diritti e la salute dei lavoratori. «Il punto - ha spiegato Maurizio Landini, neo leader della Fiom - è che la proposta consegnata da Fiat contiene molte deroghe al contratto nazionale di lavoro, anche di tipo legislativo, in particolare sulla gestione dei turni, delle pause, del lavoro notturno e degli straordinari comandati, fino alle sanzioni e al licenziamento. I pericolosi “estremisti” della Fiom stanno solo chiedendo di applicare il contratto e rispettare le leggi». Se la Fiom non intende mollare la presa, correndo il serio rischio che Marchionne dia il via libera al fatidico piano B (due le opzioni: la Panda resta in Polonia, facendo felici gli operai di Tychy; la produzione del nuovo modello sarà destinata a un altro impianto fuori Italia) con conseguenze drammatiche per l’occupazione e l’economia del territorio (Pomigliano mantiene 16mila famiglie, indotto e fornitori inclusi), le altre sigle sono più prudenti. Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, taglia corto: «Se è vero che per Fiat i tempi stanno per scadere, io dico: non perdiamo questa occasione, facciamo un accordo con chi ci sta. E tanti saluti agli altri. In un momento come questo c’è la maggiore azienda italiana che, mentre altre delocalizzano, decide di investire 20 miliardi in 5 anni in Italia, senza il becco di un quattrino pubblico, portando a Pomigliano un prodotto di punta della casa, lo stesso che si faceva in Polonia. E noi che cosa rispondiamo... ?».
L’intesa separata, dunque, isolando i «mohicani» della Fiom, potrebbe trattenere Marchionne dal condannare l’impianto campano. Ma se Bonanni preme per l’accordo, i mal di pancia si fanno sentire anche tra gli altri sindacalisti più moderati. «La maggiore competitività dello stabilimento napoletano - avverte il leader della Uilm, Rocco Palombella - non può essere scambiata con un taglio del costo del lavoro».
A questo punto la soluzione migliore potrebbe essere quella di passare la palla ai 5.200 dipendenti di Pomigliano d’Arco e far decidere a loro la propria sorte: accettare o no la proposta di Fiat. Dal segreto dell’urna uscirebbero indicazioni e giudizi anche sul comportamento tenuto durante la trattativa dai sindacati.

Insomma, se vincessero i «sì» qualcuno dovrebbe fare una seria riflessione.

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