Fiorani lascia San Vittore: «Vi saluto tutti»

Torna a casa anche l’ex direttore generale Boni

Stefano Zurlo

da Milano

Una battuta di cortesia per i cronisti sul portone di San Vittore: «Scusate, scusate. Vi saluto tutti». E la stretta di mano con il responsabile degli agenti. All’ora di pranzo Gianpiero Fiorani infila nel baule del fuoristrada la borsa e la sacca che contengono quattro mesi della sua vita. E corre verso casa, insieme alla moglie Gloria e al cognato. Ad attenderlo, nella villa di via Donizetti a Lodi, i tre figli di 16, 12 e 8 anni. Arresti domiciliari, ha deciso il gip Clementina Forleo, per lui e per l’ex direttore generale della Banca Popolare di Lodi Gianfranco Boni. Proprio come proposto dai Pm. Anche Boni, qualche minuto dopo, lascia il carcere milanese e abbraccia la moglie. Sono passati 117 gioni dal 13 dicembre, giorno dell’arresto dei due per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione, all’appropriazione indebita e all’aggiotaggio e dell’esplosione di uno scandalo che ha messo a dura prova i nervi del Palazzo e ha appassionato l’opinione pubblica.
Il primo grande troncone dell’indagine condotta dai pm Francesco Greco, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti è ormai vicino alla conclusione, ma la decisione di alleggerire la posizione dei due ha un’altra spiegazione: Fiorani e Boni, dopo molte esitazioni e incertezze si sono decisi a collaborare. Il banchiere di Lodi e il suo principale collaboratore hanno vuotato il sacco ricostruendo la loro attività in Bpl, ora Bpi, e Fiorani ha spiegato i suoi rapporti con l’ex Governatore Antonio Fazio, saltato proprio a causa di questa indagine; soprattutto, Fiorani ha aiutato gli investigatori a delineare il proprio patrimonio e ha ribadito la disponibilità a far rientrare in Italia circa 90 milioni di euro (18 dei quali custoditi nei caveau svizzeri, una settantina in altri Paesi). Ancora, si è dilungato nell’analizzare le operazioni compiute con il finanziere bresciano Chicco Gnutti e con l’allora coppia di vertice dell’Unipol Consorte-Sacchetti: Giovanni Consorte, Ivano Sacchetti e Gnutti sono accusati di aver aiutato Fiorani nel tentativo, poi miseramente naufragato, di scalata ad Antonveneta in concorrenza con gli olandesi di Abn Amro. «Un atto di pirateria finanziaria - l’ha definito Clementina Forleo - nell’ambito di un progetto che si avvaleva di un sistema istituzionale gravemente malato, restio a prendere le distanze da logiche di favore e favoritismi».
Proprio il capitolo Unipol e le frequentazioni, trasversali, con la politica hanno generato grandi aspettative nel Paese. Ma la possibile accelerazione, al di là delle tante indiscrezioni mai confermate, non c’è stata. O meglio, ben poco di quello che accadeva nelle sfibranti maratone all’interno di San Vittore è trapelato. I verbali sono rimasti in un cassetto e i magistrati hanno tenuto un profilo basso, anche in considerazione del clima preelettorale: niente interviste e nessun provvedimento - arresti o sequestri in grande stile - da molte settimane.
A quanto pare, si sarebbe ripetuto il copione già visto per Parmalat: anche in quel caso si pensava che le deposizioni di Calisto Tanzi avrebbero avuto effetti devastanti sui palazzi romani. Invece, l’indagine sul crac dell’ottavo gruppo industriale italiano ha solo lambito i partiti e i loro leader.
È presto, però, per trarre conclusioni.

Inoltre le esigenze cautelari, per quanto affievolite, restano valide: Fiorani e Boni sono da ieri confinati in casa e potranno avere contatti soltanto con i familiari conviventi e con i difensori.
L’ex amministratore delegato della banca lodigiana verrà forse interrogato ancora una volta prima della fine dell’inchiesta e del deposito degli atti.

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