«È l'opera più sentita è suggestiva ch'io abbia mai concepito», si accalora Puccini all'indomani della fragorosa caduta del 1904. Come dargli torto?
L'ultima volta che si vede Butterfly alla Scala è in occasione del centenario 2004. Sul podio Bruno Bartoletti. L'allestimento di allora e di oggi è quello dell'85. Ruota attorno al nome del regista Keita Asari, con scene di Ichiro Takada e costumi di Hanae Mori. Una concezione sacrale imparenta l'opera all'antico no. Utilizza invisibili servi di scena che costruiscono a vista la casetta di Cio-cio-san stagliata su un fondale su cui sciamano miriadi di farfalle a china. E poi rastrellano lenti la sabbia di un giardino zen. Scostano pareti e misteriosi paraventi pennellati da Hokusai. Preparano il letto dell'amore e il telo bianco della morte. Dove Butterfly si inginocchia, accosta al seno un ventaglio bianco e chiuso. E quando lo apre è diventato rosso come il lago di sangue che la circonda. Nell'Intermezzo si sviluppa presaga un'azione coreografica nel controluce del teatro delle ombre. La superba stilizzazione intende contrapporre al nostro mondo di pietra che sfida l'eternità la cultura nipponica che consegna un mondo fluttuante alle imprevedibili bizzarrie del vento. La protagonista è Fiorenza Cedolins alla sua prima Scala. Vocalità superba e carriera importante, riconosciuta e poggiata su due filoni.
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