Firenze - Riapre i battenti il museo Bardini. Sculture, dipinti, oggetti e armi, dall'arte antica al XVIII secolo, raccolti da uno dei più autorevoli antiquari italiani. Un antico palazzo in Oltrarno alle cui pareti sono state restuituite le tonalità del blu che quel mercante d'arte, Stefano Bardini, scelse per dare risalto alla sua collezione.
Riapre dopo 10 anni di restauri Dopo un decennio di restauri, riapre domani il museo civico Bardini, frutto del lascito del 1922 al Comune di Firenze che l'antiquario indicò nel testamento appena due giorni prima di morire. Il museo, restaurato dal Comune con il contributo di Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Rotary e Lions Club e presentato oggi dall'assessore alla Cultura Eugenio Giani, si ripresenta al pubblico con almeno due opere d'arte in più rispetto a quando, dieci anni fa, fu chiuso: gli originali del Cinghiale di Pietro Tacca, affettuosamente chiamato "Porcellino" dai fiorentini, e il primo Marzocco già collocato sul frontone di Palazzo Vecchio. In una delle sale al piano terra è esposta anche un'altra importantissima opera scultorea, il Diavoletto del Giambologna, insieme con oggetti provenienti dalla distruzione del vecchio centro cittadino e dalle chiese acquisite dal Comune con la soppressione degli Enti Ecclesiastici del 1866.
Migliaia di opere dal Rinascimento al Medioevo La galleria raccoglie oltre 2000 pezzi con maggiori presenze di opere del Medioevo e del Rinascimento: 36 cassoni, 190 cornici, 10 camini, 150 armi, quasi 200 dipinti e 200 sculture. Tra le opere più significative i capolavori di pittura e scultura come la Carità di Tino di Camaino, il San Michele Arcangelo di Antonio del Pollaiolo, la Madonna di Cordai e la Madonna della Mela di Donatello, disegni del Tiepolo, l'Atlante del Guercino e numerose opere di arti minori: ceramiche, medaglie, bronzetti, tappeti orientali, strumenti musicali, una piccola ma importantissima armeria.
Bardini, una vita per la cultura A queste vanno aggiunte le 6449 lastre fotografiche realizzate dallo stesso Bardini che documentano le opere d'arte da lui possedute e commercializzate.
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