Roma - I «piccoli imprenditori di piccoli partitini politici», come li ha definiti Silvio Berlusconi, magari non si impegneranno al massimo per il bene del Paese, ma sono imbattibili nella cura del proprio orticello, machiavellicamente dediti al particulare.
Quanto vale, infatti, un partitino? In cinque anni di legislatura si possono incamerare circa 95 milioni di euro che non faranno la fortuna dell’Italia, ma di ogni sedicente leader certamente sì. Si tratta di una stima parametrata su una formazione che riesca a conseguire il 6% alle elezioni politiche. Un valore che i sondaggi attualmente accreditano all’Udc di Casini, all’Italia dei valori di Di Pietro e anche a Futuro e libertà di Gianfranco Fini.
Ipotizzando che l’affluenza alla prossima chiamata alle urne si attesti prudenzialmente attorno al 75%, il «partitino X» otterrebbe circa 2 milioni di voti alla Camera (47 milioni la base elettorale) e circa 1,9 milioni di preferenze al Senato (43 milioni gli aventi diritto). Il rimborso per i cinque anni di legislatura elargito dalle Camere di appartenenza dovrebbe pertanto attestarsi sui 28,5 milioni di euro. Una cifra comunque ragguardevole considerato che i partiti tendono a spendere per le campagne elettorali importi di gran lunga inferiori a quelli che saranno rimborsati.
Se non stringesse alleanze, il «partitino X» con un forte radicamento territoriale ( poniamo a caso il Centro-Sud) potrebbe, in base all’attuale legge elettorale, far eleggere una trentina di deputati e una decina di senatori. Una pattuglia di tutto rispetto e soprattutto capace di formare gruppi autonomi in entrambi i rami del Parlamento. Un onorevole ha un costo medio annuo lordo per le casse della Camera di circa 160mila euro. Trenta deputati «valgono» pertanto 4,8 milioni. Dieci senatori, invece, vengono retribuiti a vario titolo ogni anno per 2,3 milioni di euro circa (231mila euro di retribuzione media annua lorda). Se la nuova legislatura durasse cinque anni si arriverebbe a un totale di 35 milioni.
E il «partitino X» cosa c’entra se le indennità e le diarie dei deputati sono elargite individualmente? È prassi che ogni parlamentare contribuisca alle casse del proprio partito con una quota del proprio «stipendio», dunque di quei 35 milioni una parte giungerebbe sicuramente al tesoriere e comunque i parlamentari svolgono attività politica anche autofinanziandosi.
Non è finita qui: Montecitorio e Palazzo Madama contribuiscono al funzionamento dei gruppi parlamentari stanziando rispettivamente 35 e 38 milioni di euro ogni anno. Il «partitino X» potrebbe ricevere proquota circa 3,5 milioni all’anno. Una parte di questo ammontare viene corrisposta dai gruppi ai singoli parlamentari per agevolare il rapporto con gli elettori. Logico pensare, quindi, che deputati e senatori utilizzino queste somme destinandole alle casse del partito, anche a livello locale. Per cinque anni di legislatura si ottiene dunque un importo di 16,5 milioni.
Ultimo ma non meno importante, l’organo di partito. Il «partitino X» potrebbe editare un quotidiano, come fa l’Udc (e anche Fli considerato che Il Secolo è ormai la voce di Fini). Liberal e Il Secolo per l’anno 2008 hanno ottenuto contributi pubblici per l’editoria prossimi ai 3 milioni di euro. Se il partitino X li imitasse in una legislatura otterrebbe per il proprio house organ ben 15 milioni di euro.
Tirare le somme è semplice: 28,5 milioni di rimborsi elettorali, 35 milioni per deputati e senatori, 16,5 milioni per i gruppi e 15 milioni per il quotidiano fanno 95 milioni in una
legislatura. Ben 19 milioni all’anno che non cambieranno il destino del Paese, ma che consentiranno a quelli che il Cavaliere chiama «professionisti della politica» di prosperare per lungo tempo. Ovviamente, a nostre spese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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