Fmi: «ok» a scalone e legge Biagi

da Roma

«Bisogna salvaguardare l’impatto finanziario delle riforme pensionistiche già approvate». Soltanto ventiquattr’ore dopo l’Unione europea, anche il Fondo monetario internazionale sollecita il governo italiano a non fare retromarcia sulle pensioni. Non solo. Nel Rapporto sulla recente missione del Fmi in Italia, reso noto ieri a Washington, si legge chiaro il «no» all’annacquamento della legge Biagi, «che ha contribuito alla forte crescita dell’occupazione dal 2003».
Pensioni, no alla retromarcia. I due punti chiave del prossimo tavolo governo-sindacati (la cancellazione dello scalone Maroni e la modifica della legge Biagi) vengono esaminati con cura dal Fondo monetario. In particolare, sulle pensioni il Rapporto è nettissimo: nessun passo indietro rispetto alle riforme già approvate, compresa quella 2004. «Ogni intesa coi sindacati - si legge nel documento - dovrebbe almeno preservare in toto l’impatto finanziario delle riforme già fatte». Lo scalone procura risparmi notevoli sulla spesa previdenziale dei prossimi anni: si va dai 4,5 miliardi nel 2009 ai 9 miliardi a partire dal 2012. Occorre puntare ad aumentare il tasso di partecipazione degli anziani al mercato del lavoro e, con incentivi, «allungare la media della vita lavorativa».
Allargare la Biagi. Quanto al mercato del lavoro, l’organizzazione guidata da Rodrigo de Rato ricorda che proprio la legge Biagi - contestata dalla sinistra e da parte del sindacato - ha contribuito in maniera determinante a creare nuova occupazione. Dunque, nessuna retromarcia; anzi la Biagi è da estendere. Si può, inoltre, sviluppare una rete di protezione sociale, «per mitigare gli effetti della necessaria maggior flessibilità del lavoro». Proprio sulle riforme del mercato del lavoro si materializza, osserva il documento, «il principale disaccordo» fra il Fmi e le autorità italiane. «Sebbene il livello dei contratti a tempo determinato sia ancora basso - si legge nel Rapporto - c’è forte pressione per adottare misure che rendano l’occupazione più stabile e ne riducano la precarietà. Le proposte ancora allo studio probabilmente includeranno la soppressione di alcuni contratti atipici, limiti all’uso e al rinnovo dei contratti a termine, e altri passi per neutralizzare i vantaggi di costo derivanti dai contratti a termine».
Più crescita, meno tasse. Il Rapporto Fmi certifica per il nostro Paese una forte ripresa economica, e un incremento delle entrate fiscali in buona parte strutturale. Gli ultimi dati Istat sul Pil, osserva Masood Ahmed, direttore delle Relazioni esterne del Fondo, rendono troppo prudenti le ultime stime della crescita 2007. Dunque l’1,4% finora previsto dal Fmi sarà rivisto al rialzo. Ahmed conferma poi che, al netto delle voci straordinarie, il deficit 2006 potrebbe essere calato sotto il paletto del 3%. Il Fmi rileva che proprio la ripresa economica consentirebbe al governo italiano di fare di più sul fronte delle riforme e delle liberalizzazioni. È necessario ridurre la spesa pubblica, visto che la manovra 2007 è sbilanciata sul fronte delle entrate. Oltre che premessa per futuri sgravi fiscali, i tagli di spesa sono essenziali per garantire un rientro duraturo del deficit sotto il 3%. «I giudizi del Fmi ci incoraggiano sulla linea di potenziamento della crescita», commenta il ministro dello Sviluppo Pierluigi Bersani. Ma ribatte il ministro della Solidarietà, Paolo Ferrero: «Le analisi del Fondo sono decisamente sbagliate».
Bce, ancora rischio deficit. L’Italia, secondo il bollettino mensile della Bce pubblicato ieri, rischia di non mantenere gli impegni europei sul deficit «se non attuerà nuove misure di risanamento» dei conti.

La Banca centrale invita perciò la Commissione a vigilare sulla situazione del nostro Paese, e del Portogallo: «Se i rischi dovessero concretizzarsi - afferma l’Eurotower - si renderà necessario adottare i provvedimenti previsti dalla procedura per disavanzi eccessivi».

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