Foa: da comunista a liberal, sempre controcorrente

È stato un lungo e complesso dialogo con i concetti di «sinistra» e «destra» il suo, durato tutta la vita e vissuto anche attraverso il rapporto, altrettanto complesso, col padre Vittorio, morto pochi mesi prima di lui, nell’autunno dell’anno scorso. Renzo Foa era gravemente malato, da tempo. Si è spento ieri sera, a Roma, a 62 anni. Giornalista di lungo corso, nel 2007 anno era diventato direttore di Liberal, il quotidiano della Fondazione di Ferdinando Adornato, epilogo di una conversione politica che lo ha portato ad abbandonare la sinistra per abbracciare i principi del liberalismo. Intellettuale di parte ma non organico, anche nella militanza a sinistra, Foa ha percorso tutti i passaggi, dal Fgci al Pci al Pds, mantenendo una distanza critica. Quando nel 1990 venne nominato direttore dell’Unità, succedendo a Massimo D’Alema, uno dei primi provvedimenti fu quello di modificare la dizione sotto la testata, da «giornale del Pci» a «giornale fondato da Antonio Gramsci». Era stato lui a firmare l’editoriale sull’Unità dell’11 novembre 1989, nei giorni della caduta del Muro, con un pezzo intitolato «E così cambia tutto il continente». Anche da direttore del quotidiano di partito Foa non fu mai un ortodosso. «Ho trovato un fax di Indro Montanelli del dicembre 1991 - ha raccontato in una intervista -, quando lui dirigeva il Giornale e io l'Unità. C'è scritto: “Caro Foa, tra le tante cose su cui dobbiamo metterci d'accordo è, ogni tanto, di non essere d'accordo su qualcosa, altrimenti saremmo sbranati dai nostri”». Negli anni successivi avrebbe maturato la convinzione che l’unico riformismo percorribile è quello liberale, decisione che in lui si tradusse nell’appoggio al centrodestra (l’allora Polo delle libertà). Il passaggio è stato anche l’inizio di una lunga collaborazione con il Giornale. Un cambiamento di rotta frutto di una riflessione e di un confronto intellettuale col padre Vittorio, storico esponente della sinistra azionista, senatore (indipendente) del Pci negli anni ’80, un rapporto che Renzo stava per raccontare - il volume era prossimo ad uscire - in un libro che aveva tenuto a lungo dentro di sé e che solo con la morte del padre avrebbe pubblicato. Il titolo c’era già: Un padre che chiamavo Vittorio.
«Fu mio padre, coi suoi argomenti, a determinare il mio primo allontanamento dalla sinistra nel 1985, ai tempi del referendum sulla scala mobile. È stato anche per il dialogo, intenso e ininterrotto, con mio padre, che lasciai il mondo nel quale m’ero formato, il Pci, e iniziai il cammino che mi ha portato a pensare ciò che penso oggi» ha raccontato di recente alla Stampa. Il suo percorso lo aveva portato nel think tank dell’ex forzista ora Udc, Ferdinando Adornato, il primo ieri a ricordare Foa: «È stato un intellettuale controcorrente.

È stato realista nel tempo delle ideologie ed era idealista oggi nell’era della mediocrità. Ha combattuto prima per una sinistra riformista e poi contro l’egemonia culturale di una sinistra che non sapeva e non voleva cambiare».

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