da Berlino
Dopo Günter Grass, un altro grande nome della cultura tedesca è accusato di aver nascosto il proprio passato nazista: il filosofo e sociologo Jürgen Habermas, fondatore, insieme a Theodor Adorno, della scuola di Francoforte. Tra il 44 e il 45, fino al crollo del IV Reich, avrebbe fatto parte della Hitlerjugend, lorganizzazione giovanile del partito nazista. E chi lo accusa afferma che Habermas non solo chiese liscrizione volontariamente ma fu anche un iscritto zelante e fanatico.
Nel 44 Habermas aveva 15 anni e quindi il suo passaggio tra i ragazzi di Hitler potrebbe essere liquidato come un peccato di gioventù, una macchia non poi così grave che si ritrova nelle biografie di tanti altri intellettuali convertitisi con larrivo della democrazia. Ma laccusa è ugualmente pesante. A puntare il dito contro il filosofo è il mensile Cicero, testata della sinistra liberal, che si basa su un episodio narrato da Joachim Fest nella sua autobiografia Ich nicht. Fest parla di un celebre intellettuale che ha sempre nascosto la militanza nella Hitlerjugend. Un giorno fu mostrato a questo personaggio un foglietto scritto da lui nel 45, in cui si augurava la vittoria finale. Letto il foglietto, lintellettuale lo appallottola, se lo mette in bocca, lo mastica e lo ingoia. Nel raccontare lepisodio Fest, da poco scomparso, non dice di chi si trattasse. Lo dice invece il mensile dopo aver consultato le carte di Fest e fatto ricerche: era Jürgen Habermas.
Ma Habermas respinge decisamente le accuse. E in sua difesa, con un articolo per il quotidiano Koelner Stadtanzeiger di Colonia di oggi, scende in campo proprio il destinatario del bigliettino. È Hans Ulrich Wehler, uno storico di fama il quale confermato quanto afferma da tempo Habermas: il biglietto con linvito a credere nella «vittoria finale» del nazismo è una pura invenzione. Nel foglietto prestampato inviatogli da Habermas, allepoca suo superiore gerarchico, cera solo linvito a tornare a frequentare i corsi da responsabile sanitario.
Habermas ha detto che lautore dellarticolo di Cicero, Jürgen Busche, si è comportato da «delatore», riferendo voci che nel libro di Fest venivano raccontate senza nome.
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