Politica

Follie in redazione Lo strano doppiopesismo dei sindacati-soviet

I membri del cdr del Tg5 hanno festeggiato la multa dell'Agcom al loro stesso tg, scatenando però la rabbia dei colleghi

Follie in redazione 
Lo strano doppiopesismo  
dei sindacati-soviet

Velenosa e insopprimibile tendenza a valutare le opinioni in senso positivo o negativo non in base ad argomentazioni logiche ma secondo il partito che le esprime, il doppiopesismo è un morbo ideologico che appesta irrimediabilmente il corpo civile di un Paese che ha peraltro nella faziosità il suo più forte carattere identitario. In Italia più che in qualsiasi altro luogo del pianeta, a sprezzo di qualsiasi onestà intellettuale, il medesimo comportamento manifestato dalla destra piuttosto che dalla sinistra è passibile, irrimediabilmente, di due giudizi etico-morali opposti. È un principio aureo, seppure ipocrita, applicabile a tutti gli ambiti della vita pubblica. Tra i quali l’informazione rappresenta il settore più schizofrenico.

Particolarmente schizofrenici e parecchio agitati, non a caso, appaiono nelle ultime settimane i comitati di redazione della grande stampa italiana, ossia gli organismi sindacali interni alle varie testate che hanno il compito di tutelare i diritti dei giornalisti dipendenti. Ed essendo sindacati, il loro giudizio è per forza di cose insindacabile.
Insindacabili e condivisibili, per statuto, dall’intero circo mediatico-politico, ad esempio, sono tutte le critiche, gli attacchi, le dissociazioni che il Comitato di redazione del Tg1 riserva, un’edizione sì e una pure, al proprio direttore, Augusto Minzolini, uno che quando lavorava alla Stampa era un Re del giornalismo e del retroscena politico, e da quando è alla Rai è un servo di Berlusconi e del Popolo della libertà. Eppure sempre lo stesso giornalista è. Dicasi, appunto, doppiopesismo.

Comunque, secondo una regola deontologica non scritta ma rispettatissima, quando il Comitato di redazione attacca un direttore berlusconiano - o percepito come tale - è, a sua volta, intoccabile. Ma se il direttore s’azzarda a commentare l’operato del Cdr, allora si tratta di un attentato alla libertà di stampa. A meno che, doppiopesisticamente, il direttore sia un anti-berlusconiano - o percepito come tale -. Enrico Mentana, per fare l’esempio più recente (due giorni fa), può permettersi di sfanculare - per usare un francesismo - il proprio Comitato di redazione e uscirne indenne, giustamente peraltro. Rimproverato dall’assemblea dei giornalisti di La7 - come si legge in un documento del Cdr - per «l’assenza di un piano di sviluppo e di investimenti sulle nuove tecnologie» e per «la mancanza di un piano editoriale» - Mentana ha seccamente replicato ai colleghi sottoposti: «Dopo aver letto le fesserie contenute nel comunicato assembleare sono costretto ad annunciarvi che non posso più considerare come interlocutore il vostro attuale Cdr che per quanto mi riguarda non riconoscerò fin quando la sua composizione sarà l’attuale». Firmato: il direttore. L’intera stampa democratica - ieri - ha tributato un imbarazzato silenzio alla vicenda.
Da La7 al Tg5. Dopo la chiassosissima e gioiosa reazione che la sinistra ha riservato alla multa comminata dall’Agenzia di garanzia per le telecomunicazioni, tra gli altri, al telegiornale di Clemente Mimun, ieri è invece sprofondato nella completa indifferenza mediatica il documento con il quale 49 giornalisti del Tg5, cioè la maggioranza della redazione, hanno deplorato come vergognoso il comportamento del Cdr che aveva applaudito la sanzione: «Il Cdr - si legge nella nota - è intervenuto autonomamente su un tema così importante e delicato, nonostante la dissociazione di uno dei membri e senza ascoltare in alcun modo l’opinione dei colleghi». Cose che facevano i Soviet.

In tale, imbarazzante, politicizzazione della notizia, spicca come un commovente atto di eroismo quello del Cdr del Mattino, immolatosi sull’altare dell’antiberlusconismo nel tentativo di difendere la manipolazione di un editoriale di due giorni fa. Un commento inviato in redazione con un taglio più che equilibrato e uscito in edicola con 31 righe in più, spericolatamente pendente a sinistra. Il Cdr, strappando l’assenso dell’informazione non asservita al regime berlusconiano, si è detto indignato di fronte a quanti si permettono di dubitare «dell’impegno, la professionalità e l’onestà intellettuale dell’intera redazione».

Un’osservazione, va da sé, insindacabile.

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