Fondazione Ibm, strategie orientate a un’etica diffusa

Come perpetuare il successo della propria azienda garantendole una crescita sostenibile nel lungo periodo? «La risposta - dice Angelo Failla, direttore della Fondazione Ibm Italia - è condensata nell’acronimo Csr, la responsabilità sociale d’impresa. Che significa mettere a punto strategie di ascolto e coinvolgimento sia degli azionisti che dei dipendenti e delle comunità che interagiscono con l’azienda, prendersi cura del sistema di formazione, preoccuparsi del rispetto ambientale, adottare comportamenti etici con fornitori e clienti». Una scelta che Ibm rivendica come propria fin dagli inizi ricordando in particolare di aver precorso la legislazione in materia di eguaglianza e di pari opportunità: è del 1914 l’assunzione di un disabile negli Usa e di vent’anni più tardi la nomina della prima donna manager.
«È un atteggiamento che appartiene all’organizzazione intera, ma è anche somma dei comportamenti dei singoli. Il ruolo della Fondazione è di centro di competenza sull’argomento e di coordinamento per le iniziative di comunicazione e per la realizzazione di progetti locali».
Sia a livello corporation che in Italia, Big Blue ha creato appositi comitati di indirizzo che coinvolgono i responsabili delle diverse aree per affrontare le tematiche della Csr. «L’investimento - spiega Failla - si ripaga appieno. Così, la politica in difesa dell’ambiente ha portato, tra il 1999 e il 2006, a tagliare 3 milioni di tonnellate in emissioni di Co2 e a risparmiare energia per oltre 290 milioni di dollari annui. Poi, tra i vantaggi della Csr compaiono molte voci difficilmente quantificabili, ma che hanno una fortissima ricaduta sul nostro comportamento etico».
Tra i progetti più rilevanti, i programmi di apprendimento e di stimolo alla collaborazione destinati ai dipendenti, l’iniziativa Big Green per trasformare i data center in modo eco-compatibile e, più recenti, l’On Demand Community e il Corporate Service Corps, rispettivamente concepiti per sostenere le iniziative di volontariato del personale in tutto il mondo e le specifiche attività di organizzazioni non profit cui la multinazionale assegna i propri manager nel quadro delle esperienze all’estero; un altro programma di respiro internazionale si sostanzia nella World Community Grid, infrastruttura informatica che rende disponibile la capacità di elaborazione inutilizzata dei computer di aziende e privati (oggi più di 17.500) per risolvere problemi sanitari e sociali complessi. A questi si aggiungono, a livello locale, le iniziative promosse direttamente dalla Fondazione Ibm Italia.
Con un budget annuo di circa un milione di euro, si occupa di formazione, cultura, lavoro e sociale.

Sottolinea il direttore: «Collaboriamo con le categorie di stakeholder costituite in particolare da scuole, enti culturali, organizzazioni non profit; la ricaduta sociale dei nostri progetti ha un valore ben maggiore dell’investimento. L’augurio è che presto la Csr non sia più argomento da vetrina perché sarà divenuta parte integrante della strategia a lungo termine di ogni impresa».

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