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Fondazione Mps, la Consob va in pressing

Consob mette all’angolo la Fondazione Monte dei Paschi. La Commissione guidata da Giuseppe Vegas ha richiesto «entro sette giorni lavorativi un’ampia e completa informativa» sui rapporti tra l’ente presieduto da Gabriello Mancini e il pool di banche creditrici capeggiato da Jp Morgan e comprendete, tra gli altri, Mediobanca, Unicredit, Intesa e Credit Suisse.
Il motivo per cui l’Authority ha sollecitato maggiore trasparenza è sotteso all’articolo 115 del Tuf, la norma che disciplina le comunicazioni. In pratica, il susseguirsi delle indiscrezioni di stampa sullo stato delle trattative con le banche creditrici e sulle ipotesi di cessione del 15% di Mps. La Consob, così, renderà più trasparente l’insieme degli impegni a cui l’ente ha dovuto sottostare per tenere dietro alle ricapitalizzazioni del Monte. I creditori, purtroppo, non rappresentano un fronte unico. Da una parte Mediobanca e Credit Suisse che hanno garantito i 490 milioni del prestito «Fresh 2008». Dall’altra gli undici istituti capeggiati da Jp Morgan interessati al recupero dei 524 milioni erogati per seguire l’aumento del 2011. Il 15% di Mps in vendita ai valori attuali di Borsa vale circa 700 milioni. A questo va aggiunto che è imminente il closing per la cessione della quota in Cdp ed è prossima anche la dismissione delle quote in F2i e Sator. Dal punto di vista matematico, considerato che il debito complessivo della Fondazione è di poco superiore al miliardo di euro, non dovrebbero esserci particolari ostacoli.
Le vere difficoltà sono di altra natura. In primo luogo, quelle legali. L’ok delle banche alla cessione - seguito a quello ottenuto dal Tesoro - non è sufficiente per la Fondazione che avrebbe preteso meno vincoli, soprattutto da Credit Suisse. Circostanza sostenuta anche dal «pool Jp Morgan». L’istituto guidato in Italia da Federico Imbert però - assieme a Mediobanca - vanta un credito precedente rispetto a quello delle altre banche. Mentre tra le condizioni del prestito da 600 milioni (scesi a 524) concesso dal pool degli undici istituti lo scorso anno ci sarebbe una clausola che li rende beneficiari di tutti i proventi derivanti da cessioni di asset nel corso del 2012. Altri malumori sarebbero stati generati dalla mancata vendita da parte della Fondazione di quel 6,5% di Mps in suo possesso libero da pegni. Ecco perché le soluzioni opzionali sono state respinte al mittente e in alcuni ambienti finanziari si parla del «giallo delle liberatorie». La seconda difficoltà, invece, è di natura tecnico-politica. Rothschild, che sta assistendo la Fondazione nella partita giocata dal dg Claudio Pieri, deve elaborare un piano di rientro con più variabili. Tra queste anche quello di cedere il 15% senza creare i presupposti per una scalata. E magari recuperare anche un centinaio di milioni per le erogazioni. Di qui la non eccessiva disponibilità nei confronti del fondo Equinox. La presenza di Intesa tra i promotori è stata giudicata una potenziale minaccia per la «senesità» di Mps, difesa a spada tratta dal sindaco Franco Ceccuzzi. È possibile cedere una quota massima del 5% al Fondo Clessidra, ripartire un altro 5-7% tra investori privati (si parla di Seragnoli, Malacalza, De Benedetti) e collocare l’eventuale residuo tra gli istituzionali.

Nel fine settimana sono previsti incontri tra Comune, Fondazione e advisor per sciogliere questo nodo. Probabile che si cerchi di allungare lo standstill in scadenza a metà mese fino alla compilazione delle liste per l’assemblea, in modo da evitare una calata dei «barbari» su Siena.

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