Fontana di Trevi, Cecchini si difende: "Ho un alibi"

Nega gli addebiti l'uomo arrestato per aver colorato di rosso l'acqua del monumeto: "Io ero da un'altra parte, non sono stato io. Mi hanno fermato per una somiglianza. Chi l'ha fatto è un genio"

Fontana di Trevi, Cecchini 
si difende: "Ho un alibi"

Roma - "Sono stato condannato prima che il giudice emettesse la sentenza, prima che fossero stati confermati i reati". Si sfoga ancora con i cronisti Graziano Cecchini, all’uscita della questura dove si è recato nella mattinata per eleggere il domicilio. "Ero in via delle Vergini il giorno in cui l’acqua della Fontana di Trevi è stata colorata di rosso - ha proseguito provocando i cronisti - a pochi passi dal luogo della vicenda, ero agli uffici del Comune di Roma in via delle Vergini, perché mi occupo dell’ufficio stampa di un consigliere comunale che, quando sono stato accusato del gesto, mi ha ripudiato". "Aspettiamo di andare in Tribunale - ha scherzato Cecchini con il proprio avvocato - lì si che ci divertiamo. Stiamo vivendo una vicenda da film".

Perquisizione "Sono stato perquisito ieri notte, a casa di mia madre - ha poi raccontato Cecchini - hanno trovato tanti libri sul futurismo". Cecchini, incontrando i giornalisti fuori dalla questura di Roma, critica il percorso dell’accusa nei suoi confronti. "Quello che hanno scritto nei documenti è ridicolo - ha detto - mi hanno indagato per una vaga somiglianza, la denuncia è scritta su un foglio scritto a penna e io non sono stato neppure ascoltato da un magistrato. L’interrogatorio è stato condotto come se si trattasse di un caffè e quattro chiacchiere al bar".

Non conferma, non smentisce Cecchini non ammette né smentisce di essere l’autore del gesto che, venerdì scorso, ha reso color sangue l’acqua della fontana di Trevi. "Se fossi stato io - si diverte con i cronisti - continuerei su questa strada, mettendo alla berlina alcuni personaggi, magari versando loro del liquido blu sulla testa". E a un certo punto della conversazione con i cronisti, l’accusato si tradisce, forse coscientemente, e ammette: "Chi ha apprezzato il mio gesto è un grande. Tutti mi rifiutano sia a destra che a sinistra. Sono un uomo libero, un artista, un futurista".

Azione geniale Poi la conversazione con i giornalisti ritorna sui binari dell’episodio di venerdì scorso. "Un’azione geniale - ha definito Cecchini la colorazione dell’acqua della fontana di Trevi - non c’è alcun atto distruttivo, non c’è dolo, non è stato rovinato nulla. C’è solo un grandissimo rodimento di fondo schiena di molti. Se andiamo nelle periferie, a Centocelle, a Tor bella Monaca - ha aggiunto incalzato dai cronisti che gli chiedevano a chi potesse aver irritato il gesto - della Festa del cinema non gliene frega nulla a nessuno. Il rosso è un segnale di emergenza, l’emergenza sociale del diritto alla casa, del precariato.

Rosso come il Red carpet della Festa del cinema, come Valentino, come la Ferrari e, da oggi, rosso Trevi, che è meraviglioso. Mi piacerebbe essere l’autore del fatto, un’azione senza danno con grandissimi risultati. Chi ha fatto quel gesto è un genio, ma non so se sono stato io, io non sono un genio".

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