Cronaca locale

FOOD DESIGN Quando il cibo prende forma

FOOD DESIGN Quando il cibo prende forma

Insopportabile come ogni folla generata da un evento di successo, perché il Salone del Mobile (che ha superato i 200mila visitatori nei primi 4 giorni) è un mix di glamour e potere, mai come quest’anno a Milano il mondo del design si è fuso con quello del food. Da un lato è un bene che arti diverse tra loro dialoghino perché è dal confronto, dall’annusarsi, dalla voglia di capirsi che possono nascere nuove forme di espressione e ricchezza. Dall’altra il tutto avviene in Italia, patria dell’improvvisazione, per cui fino a ieri l’altro (ironico, ma siamo comunque nell’ordine di alcuni anni) pochi sapevano dell’esistenza del food design, di cui tutti in queste ore a Milano si nutrono. Reazione emotiva: un vero intenditore, per essere originale e libero, in questi giorni dovrebbe mangiare una cassouela che naviga nel grasso, piatto che non richiama certo il food più raffinato e non contiene elementi di design (a meno che non sia la cassouela di Luca Brasi alla Lucanda di Osio Sotto nel Bergamasco, essenziale e geometrica).
Ma al di là degli eccessi modaioli, è un piacere vivere questo fenomeno a patto di seguire un percorso logico. Di certo va visitata l’installazione del catalano Marti Guixé, titolo «10 years of Food Design» alla Torneria Traviganti al 32 di via Tortona. Guixé, www.guixe.com, è il food-designer più famoso al mondo tanto da racchiudere in sé più anime, compresa quella del tapaist, il creatore di tapas. Non c’è mai nulla di banale nel suo lavoro, a patto di avere presente il suo punto di partenza: il design e non il food, l’esatto contrario di due cuochi, Ferran Adrià, catalano pure lui, e Davide Scabin, torinese, che arrivano al design partendo dal food, tanto che Adrià del suo connazionale un giorno disse: «Bravissimo, ma debole in cucina».
È la chiave di volta dell’intero fenomeno, sospeso tra il bello e il buono: contano di più l’apparenza, le forme e la confezione o il gusto e la sostanza? Così uno Scabin sta progettando da un anno la sedia del Combal.zero a Rivoli (Torino) ed è ancora lontano dal risultato finale perché non si scorda che deve accogliere un cliente che va al ristorante per mangiare e vuole sedersi comodamente, bella o brutta che sia la sedia. Davide è anche uno dei promotori del progetto www.fooddesigner.it così come il designer Paolo Barichella lo è a Milano di www.fooddesign.it. Milano accoglie in questi giorni anche il progetto Adi (Delegazione Food Design) che al Visconti banqueting di via Manzoni 23 esalta un diverso aspetto della stessa realtà: il food design industriale e la sua riproducibilità su vasta scala. Ecco così una carrellata di prodotti di massa che emergono anche per funzionalità, immagine, creatività, a partire dalla Spaghetti Barilla n.5 (del 1824!) per approdare al Pocket Coffee (1968). Punto di contatto più saldo tra food, design e industria è lo chef marchigiano Moreno Cedroni, che ha appena inaugurato il suo caffè alla Triennale Bovisa.

Le sue scatolette dai cento gusti sono l’evoluzione qualitativa della carne in scatola, una forma di “quality food design”.

Commenti