nostro inviato a Cannes
«Succede che i film popolari siano disprezzati, ma la cosa non mi preoccupa e penso che chi fa questo tipo di critiche si meriti un calcio nel sedere. Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo è una celebrazione del cinema, una sorta di gioia pura. Ho a lungo insistito per farlo, sono orgoglioso di averlo fatto».
Harrison Ford non impugna la frusta, gli basta la lingua, ma a giudicare dalla ressa e dagli applausi che hanno accompagnato lanteprima qui a Cannes, dove è stato presentato fuori concorso, è più un volersi togliere qualche sassolino dalle scarpe che un voler mettere le mani avanti. Il nuovo Indy, il quarto della serie, a più di ventanni di distanza da quellAvventurieri dell'Arca perduta che era sembrato la conclusione ideale di una fortunata trilogia, ha tutto per piacere a tutti: è pieno di azione, di ritmo, di trovate, è ironico ma non «svacca» mai, credibile pur nel suo essere dichiaratamente inverosimile. Senza Harrison Ford non avrebbe avuto senso un seguito, ma il sessantacinquenne Harrison Ford gli dà addirittura un valore aggiunto.
«È proprio così - conferma Steven Spielberg - lui è la nostra arma segreta. Non pensa solo alla sua parte, aiuta e consiglia per gli altri ruoli, è attento a ogni componente dellintero progetto». Ambientato negli anni della Guerra fredda, il quarto capitolo della saga si apre nel deserto statunitense del Nuovo Messico dove si sperimentano le armi nucleari e si sviluppa poi nel Perù, culla dellantica civiltà Maya. Oggetto della contesa è questa volta una misteriosa reliquia che si dice contenga i segreti delluniverso. La cercano i russi, ma il professor Jones inizialmente deve anche guardarsi dagli agenti dellFbi, convinti che dietro la sua professione di archeologo si nasconda il doppio gioco a favore di Stalin.
«La mia generazione - spiega Spielberg - è quella nata negli anni Cinquanta, cresciuta cioè con lincubo della bomba atomica, il maccartismo, il meglio morti che rossi, ma anche il rock, il technicolor, le ragazze con i golfini. Cinematograficamente parlando è unepoca molto interessante, ideologicamente cè un unico, grande cattivo rispetto agli anni Trenta, il comunismo sovietico. Gli abbiamo dato il volto da angelo del male di Cate Blanchett».
È la prima volta che la bionda Blanchett interpreta un ruolo al cento per cento negativo, il gelido ufficiale sovietico Irina Spalko, tenebroso nel look e nel taglio di capelli. «Quando andavo al liceo, le mie compagne di classe erano tutte innamorate di Indiana Jones e quanto a me addirittura avrei voluto essere io Indiana Jones! Lidea di divenire il suo nemico numero uno mi ha divertito. Nel film sono una specie di macchina programmata per distruggere». Al posto di uno Sean Connery padre di Indiana, Il regno del teschio di cristallo schiera il giovane Shia Le Boeuf nei panni del figlio, frutto dellunione con Marion Revenwood (Karen Allen sullo schermo), anche lei di nuovo in azione. «Il tema della paternità, il bisogno di un padre, è un qualcosa che ho sempre sentito - dice Spielberg -; quando ho girato E. T. lho fatto per colmare il vuoto che il divorzio dei miei genitori mi aveva procurato, linserimento di Connery nellUltima crociata è dovuto al riavvicinamento con mio padre. Non ho voluto, insomma, che Indy invecchiasse ignorando di aver avuto un figlio, e questi senza poter conoscere suo padre».
Il film abbonda di foreste tropicali, cascate, esplosioni, inseguimenti, palazzi nascosti, caverne, combattimenti, allinsegna della pura adrenalina e della spettacolarità. «Ci siamo serviti di effetti speciali - continua il regista - ma con parsimonia, perché credo che i film davventura di questo genere necessitino di una classicità che va rispettata». Circondato dalla massima segretezza, lultimo Indiana Jones ha subito durante la lavorazione il furto di circa 3mila foto di scena subito offerte a un sito web in cambio di molti dollari.
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