Formigoni «accende» il federalismo televisivo

Critico il ministro Paolo Gentiloni: «Non credo alla frammentazione dell’imposta, l’importante è che sia ben investita nelle realtà regionali»

Un federalismo che passi anche attraverso la tv di Stato, non solo trasferendo una rete a Milano ma anche concedendo alla Lombardia di poter gestire una parte del canone pagato dai suoi cittadini. Roberto Formigoni lancia la proposta al convegno «La tv e l’arte della morra cinese», organizzato da Mediaset e dallo Iulm e ospitato all’auditorium Giorgio Gaber del Pirellone: «Stiamo lavorando sull’idea di trattenere parte del canone Rai per dedicarlo a progetti legati proprio al territorio». Il presidente della Regione approfitta della presenza del ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, per presentare il progetto e agganciarlo al contratto di servizio della Rai 2006/2008, ma l’accoglienza di Gentiloni è tutt’altro che calda. «Non credo nella frammentazione del canone che, essendo un’imposta, mantiene un carattere unitario secondo quanto sancito dalla Costituzione. Il problema non è la divisione del canone, ma fare in modo che questo sia ben investito nelle varie realtà regionali». Un giro di parole per dire che deve essere Roma a decidere come e dove spendere i soldi.
La richiesta è arrivata anche dal Piemonte, dove la proposta di lasciare alla Regione una parte del canone è già stata approvata dalla giunta. In Lombardia la questione è già stata discussa in commissione Affari istituzionali e si prepara a entrare nella piattaforma sull’autonomia e sulla richiesta di competenze regionali allo Stato che sarà discussa in consiglio regionale a fine marzo per poi essere presentata al governo.
«Una nuova televisione di qualità non può che essere policentrica e pluralista» ha argomentato Formigoni al convegno. «Non si tratta di agitare le bandiere del localismo, bensì di ricondurre la tv a un incontro reale e fattivo con soggetti e istituzioni precise. Promuovere i valori del pluralismo, assicurare la dialettica delle opinioni e garantire pari opportunità significa valorizzare le specificità di ciascun territorio». Formigoni ritiene che l’occasione sia data dal contratto di servizio della Rai 2006-2008: «Sarebbe un’ottima notizia quella di lanciare il primo contratto di servizio in una prospettiva di vero federalismo dell’efficienza. Anche nell’erogazione di un servizio pubblico di informazione, la capacità sussidiaria di integrare i diversi livelli di governo e le relative risorse è la via giusta per dare un servizio migliore ai cittadini.
Durante il convegno è andato in onda anche un botta e risposta fra il ministro delle Comunicazioni e il presidente Mediaset, Fedele Confalonieri. Durante una tavola rotonda moderata da Paolo Liguori, alla quale hanno partecipato anche il consigliere Rai Carlo Rognoni e il rettore dello Iulm, Giovanni Puglisi, Confalonieri e Gentiloni hanno parlato del disegno di legge sul sistema radiotelevisivo e del passaggio dalla tv analogica al digitale. Confalonieri ha ricordato che, così come è strutturato, il provvedimento toglie una rete a Mediaset e rischia di avere conseguenze negative sui lavoratori: «Se andasse in porto la decurtazione di un terzo, ci sarebbero problemi di occupazione. E non è una minaccia. Non siamo magliari, abbiamo presentato i conti con chiarezza. Spero che in Parlamento prevalga il buon senso».

Ma Gentiloni ha difeso a spada tratta il provvedimento, anche se non rientra tra i dodici punti su cui Prodi ha chiesto garanzie alla sua maggioranza: «Andiamo avanti, lo abbiamo promesso agli elettori. Sulla riforma tv c’è intesa, non è un punto controverso, fermo restando che il Parlamento può integrare il testo come meglio crede».

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