«Cara Udc, buon viaggio». Se il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, dovesse scrivere un biglietto di Natale a Casini and company, scriverebbe proprio così. Senza rancore, semmai usando il tono delle condoglianze. Un biglietto che tra le righe vorrebbe dire: vuoi andare per la tua strada? Fai pure, noi faremo a meno del tuo 3,8% ma peggio per te.
Pier Ferdinando Casini sembra avere in tasca l’accordo con Tonino di Pietro e sputa veleno contro il premier Berlusconi. Va da sé allora che anche l’alleanza lombarda scricchioli. È vero che Udc e Pdl condividono ancora le poltrone, ma gli scenari sono destinati a cambiare. E velocemente. «A me - spiega Formigoni - interessa un percorso coerente a livello nazionale. Non siamo certo alla ricerca di accordicchi locali. Se pensano di lucrare con un accordicchio locale non mi trovano disponibile».
Quindi sembra proprio arrivato il momento dei saluti. «Mi sembra - aggiunge senza amarezza Formigoni - che Casini e l’Udc abbiano fatto la scelta di andare da soli. Di andare dove? Buon viaggio, anche se credo che non finiranno da nessuna parte».
La Lega segna un punto a favore. Soprattutto dopo l’aut-aut che il partito di Casini aveva posto per le future alleanze, rifiutandosi di giocare la nuova partita elettorale nella stessa squadra del Carroccio. Già Matteo Salvini, capogruppo leghista a Palazzo Marino, aveva chiesto, di tutta risposta, «le dimissioni degli assessori democristiani dalla giunta comunale». Ed ora tocca all’assessore regionale Davide Boni sfoderare il carico da novanta: «Formigoni lasci l’Udc fuori dalla porta - suggerisce al presidente lombardo -. Il Nord non ha bisogno di chi non è in grado di capire i problemi dei nostri concittadini. E non è certo attaccando il nostro partito che Casini riuscirà a rendersi credibile agli occhi degli elettori. Anzi, otterrà esattamente l’effetto contrario: quello di scomparire definitivamente dallo scenario politico-istituzionale. È avvilente - emette il suo verdetto - assistere al declino definitivo di un ex leader politico».
E dal canto suo, lo sfidante di Formigoni, Filippo Penati, non può che cavalcare il possibile divorzio prenatalizio nel centrodestra lombardo e si propone come pretendente. Sperando di portare a casa i voti dell’Udc, chiede ufficialmente a Casini «un atto di discontinuità». «È un pezzo del mondo moderato - sostiene l’ex presidente della Provincia di Milano - che si stacca da Formigoni, ostaggio della Lega».
Sarà. Ma Formigoni non sembra turbato: «Se l’Udc finisse con la sinistra andrebbe ulteriormente fuori strada. Vedo che Casini fa polemica contro il bipolarismo che c’è da 15 anni e dentro al quale è stato anche lui per lungo tempo».
La stoccata a Casini l’ha tirata, sabato scorso, anche il ministro Ignazio La Russa che, commentando le critiche dell’Udc alla Lega, ha notato: «Quando però c’è da condividere le poltrone, le condividono» senza fare gli schizzinosi.
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