Formigoni «sperona» il Carroccio «Mi candido, è già stato deciso»

Formigoni «sperona» il Carroccio «Mi candido, è già stato deciso»

Marcello Chirico

«Sfacciata», «villana», «rozza». Ma anche «sgradevole» e «autolesionista». La tregua tra il governatore Roberto Formigoni e la Lega Nord, sancita dopo il caso-Cè della scorsa estate, è finita. Lo si era intuito già lunedì scorso alla ex Manifattura Tabacchi con le dichiarazioni sibilline di Umberto Bossi («fossi in lui resterei al Pirellone a sorvegliare») e Roberto Maroni («noi ci siamo dati una regola: i nostri amministratori non si candideranno, e ci pare una regola di serietà»), ma la dura replica di ieri del governatore non lascia spazio a fraintendimenti: l’armistizio è cessato, e tra Formigoni e il Carroccio si riaprono le ostilità. Motivo: il desiderio formigoniano di potersi candidare al Senato alle prossime Elezioni politiche nella lista di Fi. Richiesta che non sembra aver ottenuto ancora il definitivo disco verde del premier Silvio Berlusconi ma, soprattutto, non piace alla Lega, contraria a un ritorno alle urne in Lombardia nel caso l’attuale governatore (eletto) scegliesse di trasferirsi definitivamente a Roma (pare però che il governatore abbia concordato col premier di dimettersi da parlamentare subito dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato). «La cosa è praticamente decisa e riguarda Forza Italia, quindi il sottoscritto e Berlusconi» ha palesato ottimismo Formigoni, partito poi all’attacco del Carroccio. «Vedo questa sgradevolezza della Lega, la quale continua a pensare di essere chissà chi, un elemento determinante, mentre invece sono soltanto sgradevoli e autolesionisti, perché certamente questa scompostezza sfacciata, villana, rozza della Lega non rimarrà senza conseguenze». Al contrario, il governatore ha rivolto «apprezzamento verso gli altri alleati come An e Udc, assolutamente rispettosi di un dibattito interno a Fi e che sta dando risultati positivi, perché il presidente Berlusconi si è convinto che in questa battaglia decisiva debbano essere coinvolti tutti gli uomini che portano un contributo importante in termini di idee e voti, quindi anche uomini e donne che hanno segnato la presenza positiva del partito nelle istituzioni». Praticamente, un’autoinvestitura. Riguardo alla quale i lùmbard - ieri riuniti in consiglio federale per abbozzare le proprie liste - hanno optato per il silenzio stampa, nell’attesa - pare di capire - che sia ancora una volta Berlusconi a stoppare il governatore, come accadde per la lista riformista prima dell’ultimo voto regionale. «Non raccogliamo le polemiche» ha spiegato il ministro Castelli a nome del Carroccio, all’interno del quale aumenta il convincimento che i veri problemi, più che con la Lega, Formigoni li abbia col premier. Prova ne sarebbe la maggiore disponibilità a inserire nelle liste azzurre alcuni fedelissimi del governatore (l’assessore Giancarlo Abelli, delfino di Formigoni, è attualmente il più corteggiato) piuttosto che il diretto interessato. Dal canto suo certo della candidatura.
«Se Formigoni fosse di An io lo candiderei, ma visto che non lo è spero che alla fine non partecipi alla tornata elettorale del 9 aprile» il parere del capo-delegazione del partito di Fini al Pirelli, Massimo Corsaro, che potrebbe essere letto come un invito dell’«alleato rispettoso» a rinunciare al posto in lista. «Perchè è l’uomo giusto al posto giusto» ha aggiunto pure il capogruppo di An, Roberto Alboni.

Ancora più diretto l’assessore Prosperini (ancora An): «Quando si governa la Lombardia non bisogna fare capricci». Ieri intanto tutti i 43 deputati lombardi uscenti di Fi hanno firmato in sede l’accettazione della candidatura in lista, depurata dei non lombardi (vedi Bondi e Cicchitto).

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