«Occhio...» disse un saggio giornalista entrando in una churrascheria di San Paolo. Era il 2006, ottobre il mese, le 23 locali, Gran premio terminato da qualche ora e quindi Michael Schumacher ex da qualche ora. «Occhio» disse il saggio «perché quello torna, quello non sa vivere senza motori».
Aveva ragione: Michelone Schumacher non sa vivere senza l’ebbrezza dell’asfalto che scorre veloce sotto di lui. L’enormità teutonica lo sta dimostrando da quel giorno del 2006: non passa mese senza che si cimenti su qualche mezzo, foss’anche un’Apecar. E sapremo presto se il saggio aveva ragione anche sul ritorno del crucco mascelluto in F1. Lo sapremo quando la ex Brawn Gp campione del mondo diventata Mercedes Über Alles comunicherà i suoi piloti.
Nel mentre della ferale attesa, soppesiamo invece una locuzione avverbiale e un avverbio tradotti dall’inglese. La prima: at the moment, ha detto infatti la fidata portavoce di Michael, Sabine Kehm, per smentire l’eventualità: «Al momento non è previsto un rientro e lo ritengo molto improbabile». Per cui, al momento, crediamole. Il secondo avverbio è still, «is still a dream, è ancora un sogno l’idea di avere Schumi con noi...», ha precisato il gran capo della Mercedes Motorsport, Norber Haug. Parole, le sue, a cui sono seguite, nell’ordine: una filosofica spiegazione («Ci saranno sempre delle voci e se ci sono volanti liberi in F1 certe voci restano sogni che non si avverano...»; e un avvertimento sornione rivolto ai lettori del domenicale della Bild («Però vi sorprenderemo... sono sicuro che la nostra scelta piacerà ai lettori»).
Dunque, dichiarazioni che dovevano smentire e non hanno smentito un bel niente. Al contrario. Perché l’uso sapiente degli avverbi ha un solo significato: prendere tempo, togliere ossigeno alle speculazioni, tenendo ben aperte le finestre perché l’aria della trattativa e del facciamo parlare di noi possa comunque entrare. Parole che, paradossalmente, pesano più delle frasi vigorose dettate ieri dal manager di Michael, Willi Weber: «A fine stagione, ad Abu Dhabi, Schumacher si è visto con i vertici del gruppo Mercedes». Perché da sempre, Willi, sa quando è il momento di soffiare sul fuoco per alimentare e far lievitare voci e quindi dané. Non a caso, anche patron Ecclestone pare scettico: «Non ne so nulla e non vedo alcuna ragione perché lo debba fare...».
Nell’attesa, chiediamoci invece perché Schumi - che il 3 gennaio compirà 41 anni - dovrebbe gettarsi nella mischia di questa F1 impazzita e noiosa e scardinata nella propria essenza. Una F1 che per di più si appresta a nuovi cambi regolamentari. E domandiamoci anche l’esatto contrario: perché non dovrebbe farlo?
Perché sì. Michael dovrebbe accettare per rasserenarsi un poco. Chissà che fatica continuare a escogitare scuse per cimentarsi in sella o al volante di oggetti con ruote e pistoni e cilindri. Se ormai è conscio di aver lasciato troppo presto per i suoi canoni, che torni pure. Per la F1 ormai sputtanata sarebbe una manna. La serietà di Michael è fuori dubbio, ne godrebbe l’intero Circus. E poi sarebbe la storia romantica del figliol prodigo: il ragazzo allevato dalla Mercedes che torna all’ovile.
Perché no. Se la F1 è ormai sputtanata, rischia di far la stessa fine. Ha vinto tutto, ma ha saputo lasciare al momento giusto: dopo aver perso due titoli contro Alonso. Ritrovarsi da nemico della Rossa proprio contro Fernando sarebbe cosa molto pericolosa. Tanto più a 41 anni. Senza contare che non ci saranno neppure i rifornimenti. Michael sa che la sua grandezza è anche figlia della F1 delle strategie, dei suoi giri a ritmo perfetto e poi dritto filato ai box per rifornire e ripartire.
Certo, ritroverebbe Ross Brawn, che di quelle strategie era il mago, ma basterebbe?No, molto meglio restare consulente della Rossa e sognare le tre monoposto in pista. Una comparsata di tanto in tanto, questa sarebbe vita...
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