Gian Marco Chiocci
nostro inviato a Varese
Borgo Sabotino, Latina, 11 settembre 2001. Mentre a New York crollano le torri gemelle un cacciatore aguzza la vista nella boscaglia umida della bonifica. Sta per armare la doppietta quando inciampa in un corpo umano, seppellito per metà, crivellato dai proiettili. Il morto ammazzato è un certo Giancarlo «Lallo» Cassandra, 53 anni, pluripregiudicato, uscito per comprare le sigarette e da maggio mai più tornato a casa. Come le indagini poi accerteranno, il delitto matura negli ambienti della cocaina. Nessuno può immaginare, però, che la vicenda si incrocerà con una segnalazione della Cia, e che le indagini passeranno da Latina a Varese, dalla droga a una trattativa segreta per lacquisto di misteriosi tubi dalluminio utilizzato per confezionare, a seconda della fattura, centrifughe per l'arricchimento d'uranio, batterie lanciarazzi o altri usi bellici.
La storia di Cassandra disegna una pagina illuminante del Nigergate che qualcuno (Repubblica) ha rappresentato in maniera distorta, ipotizzando omissioni del Sismi e del governo italiano. La tesi che si è voluto sostenere vede i nostri 007 impegnati, da un lato, in unazione in materia di controproliferazione, e dallaltra, nel tacere alla Cia lesistenza di 60mila tubi d'alluminio denominati t6-7075, tubi che se non si ha la fortuna di avere sottomano hanno, sulla carta, hanno la caratteristica del dual use (doppio uso). Una controversia tecnica che va avanti dalla prima guerra del Golfo, da quando questi tubi di origine italiana sono comparsi sulle scena bellica: batterie da cui partivano i cosiddetti razzi Medusa le cui caratteristiche sono state rese note dall'intelligence italiana ai colleghi di tutto il mondo.
Quando la materia è diventata di competenza della magistratura, il Sismi ha riferito allintelligence americana che era in corso uninchiesta su «una materia la cui natura doveva essere chiarita». La corrispondenza fra i due Servizi dimostra, dunque, il contrario di quanto sostenuto da Repubblica: sui tubi d'alluminio gli Stati Uniti sapevano tutto, perché fu la Cia ad allertare il Sismi (a metà luglio 2001) che c'era un giordano, Hamel Hussein, già implicato in un tentativo di procurement di alluminio, sospettato di essere entrato in contatto con una società italiana. E' quindi due mesi prima l'omicidio Cassandra che il Sismi comincia a lavorare finendo per interessarsi a un presunto carico nel porto di Chioggia: qui gli agenti segreti trovano effettivamente una partita di tubi, ma sono di acciaio e non d'alluminio, hanno un pessimo stato di conservazione, servono per tubature d'acqua. Nella banchina del porto veneto il Sismi incrocia casualmente anche i carabinieri di Latina, arrivati sin lassù seguendo alcune intercettazioni telefoniche collegate al delitto dove si parla, in arabo, di sostanze chimiche e materiale metallico. Le presentazioni sono d'obbligo, la collaborazione scontata. Siamo sul finire di settembre 2001. In quei giorni gli inquirenti pontini capiscono d'aver toccato i fili dell'alta tensione. Decidono di andare comunque avanti sapendo che l'intelligence mondiale monitora svariate aziende europee (anche del nord Italia) capaci di smerciare l'imponente fornitura richiesta dallazienda giordana Atlantic, quella di Hussein. Gli uomini dellArma sequestrano un fax che preannuncia una riunione con allordine del giorno la discussione su un carico di profilati in alluminio speciale. Una seconda indicazione porta a scavare in un'azienda di Bassano del Grappa da dove emergono 15 richieste di preventivo provenienti da 15 società, escamotage classico per dissimulare l'acquisto di materiale sotto embargo. Latina dà così un'accelerata alle indagini. Nel 2003 punta su Varese dove c'è una delle ditte più attive nella trattativa dei tubi iracheni. Perquisisce la società, sequestra documenti, interroga il personale. Alla fine si accorge che ormai è rimasto poco dell'omicidio Cassandra e passa il testimone a chi ha competenza territoriale per raccoglierlo: il pm varesino Agostino Abate che ricomincia tutto daccapo e dopo un anno e mezzo riesce a ricostruire l'intera filiera dell'organizzazione. L'inchiesta è ormai chiusa, una decina i destinatari degli avvisi di garanzia. Il fascicolo 631/2003 contiene di tutto: dalle richieste (finte) dei tubi d'alluminio per costruire pompe idrauliche fino al dettaglio del numero, che ha ingenerato sospetti e dietrologie, dei 60mila tubi d'alluminio. Lo stesso numero, infatti, torna nell'indagine per l'omicidio Cassandra e nel white paper di Tony Blair, quasi a voler supporre un collegamento fra le indagini italiane e le risultanze inglesi, quando così non è per una serie di motivi: perché dello stesso numero e della stessa lega T6-7075 parlano diverse informative d'intelligence precedenti addirittura l'11 settembre (in parte riprese nel rapporto del Senato americano); perché più dossier dell'agenzia atomica fin dal 1991 segnalano ripetuti tentativi degli iracheni di procurarsi questi tubi in alluminio (rapporto dell'Aiea del 2002, in cui Bagdad parla di progetti di lanciarazzi); perché, infine, è proprio il capo del programma nucleare iracheno Djhajafar a rivelare che «era vero che l'Iraq aveva cercato di importare i tubi, ma che non servivano alle costruzioni delle centrifughe ma per lanciare missili italiani Medusa». Dibattito tecnico che, come detto, va avanti dalla prima guerra del Golfo. Dallinchiesta di Latina emerge poi come il Sismi avesse insistito per unanalisi delle caratteristiche dei tubi e in subordine per una perizia, perché secondo le informazioni in suo possesso in quel momento non era in grado di stabilire la reale destinazione duso.
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