Fausto Biloslavo
I poliziotti iracheni, appoggiati dai carabinieri, hanno eseguito perquisizioni in alcune case di sospetti a Nassirya e interrogato una trentina di persone, molti dei quali testimoni dellattentato di giovedì scorso. Inoltre la polizia locale ha aperto unindagine interna per capire come sia stato possibile piazzare un ordigno devastante, praticamente sotto il naso degli agenti. Unindagine fortemente appoggiata dal governatore della provincia di Dhi Qar, Aziz Khadom Alwan, dello Sciri, uno dei partiti al potere a Bagdad. Non solo: il governatore avrebbe invitato i magistrati iracheni ad agire con decisione anche se nel corso dellinchiesta si trovassero di fronte a personaggi legati alle milizie di partito. Fra i sospettati, nonostante le discutibili rivendicazioni dei gruppi terroristi sunniti, ci sono anche le frange più irriducibili dellEsercito del Mahdi, braccio armato dellestremista sciita Moqtada Sadr.
Lattentato è avvenuto 500 metri dopo un posto di blocco fisso degli iracheni, allingresso sud di Nassirya e a circa 300 metri dal Pjoc, la centrale operativa della polizia, messa in piedi dagli italiani, supersorvegliata e protetta.
Il sospetto che una talpa o qualche agente corrotto abbia aiutato i terroristi diventa sempre più forte. Nel mirino ci sarebbe lufficiale responsabile del settore, ma lindagine interna della polizia dovrà passare ai «raggi X» tutti gli agenti impiegati nella zona.
Lo stesso generale Natalino Madeddu, comandante del contingente italiano nella provincia di Dhi Qar, in unintervista a Il Giornale dellaltro ieri ha dichiarato: «In effetti ci siamo posti subito questo interrogativo (di una falla nella sicurezza locale, ndr). Abbiamo chiesto alle autorità irachene un esame attento dei turni di servizio. In particolare va analizzato come il personale abbia svolto la sua attività di controllo durante il turno notturno e della prima mattina».
Il colonnello Paolo Maria Ortolani, comandante del reggimento di carabinieri (Msu) in Irak, specializzato in missioni allestero, spiega che «nellimmediatezza dellevento, insieme al capo della polizia locale, si è deciso il da farsi. Gli agenti iracheni hanno proceduto a identificare e sentire chi vive e gravita nella zona». Non solo: «Seguiti dai carabinieri dalla centrale operativa i poliziotti iracheni hanno anche svolto perquisizioni in case di sospetti». Per il momento non si registrano esiti significativi in relazione allattentato, ma tra testimoni e sospetti sono già state interrogate una trentina di persone.
Oltre alle autorità politiche come il governatore e il presidente del Consiglio provinciale, Hissan Taleb, anche i vertici della sicurezza locale si sono dimostrati più che solidali con gli italiani promettendo indagini serie.
Non sono mancati gesti simbolici importanti: il capo della polizia Hussein Hassan Tamir e il generale della terza brigata Saad Alì Ati al Harbiyah, ambedue musulmani, hanno assistito nella chiesetta di Camp Mittica, la base italiana, alla messa in ricordo dei caduti. Alla partenza delle bare da Tallil per lItalia cera anche un reparto militare iracheno a rendere gli onori.
Ieri è apparsa su Internet, sempre sul solito sito legato ad Al Qaida, la terza rivendicazione dellattentato contro gli italiani, che confonde ancora di più le acque. La firma è dellEsercito dei mujaheddin, una sigla del terrore di matrice sunnita formata da ex elementi del regime di Saddam convertiti a una specie di nazionalismo islamico. «Il 27 aprile - recita il comunicato - una delle squadre delle brigate Qaqa bin Amru, legate allEsercito dei Mujaheddin, ha eseguito nella regione meridionale dellIrak un attacco a una pattuglia delle forze italiane dispiegate nella regione di Dhi Qar. Lattacco è avvenuto piazzando un ordigno esplosivo su un lato della strada percorsa dalla pattuglia.
Secondo il colonnello Ortolani, «le indagini devono proseguire a 360 gradi, e le rivendicazioni vanno lette con le dovute cautele».
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