È giusto che Ivano Fossati, il volatore (Giunti, pagg. 286, euro 14,50), bel libro di Andrea Scanzi sul più appartato tra i nostri cantautori, rechi in epigrafe uno stralcio dellultimo album fossatiano: «Dateci le parole poco chiare/ quelle che gli italiani non amano capire/ costruiremo una nuova cultura/ rapida ed estetica».
Così attestando il disagio nei confronti duna cultura sempre più incline alla negazione di sé, cioè alla perdita di densità e didentità, da parte dun antidivo che rocciosamente difende il suo essere isola pensante, in questa civiltà massificata. Il libro, insomma, coglie benissimo il senso di estraneità di Fossati nei confronti dun mondo in cui, per esempio, «davanti alla mia casa ci hanno fatto un palazzo così alto/ che il vento in strada non lo sentiamo più». Ovvero lo sgomento - pasoliniano? - nei confronti duna società che alla crescita economica e tecnologica ha sacrificato ogni dimensione umanistica, e ora si trova impantanata in unardua ricerca di senso.
Questo è di certo un movente profondo del canzoniere fossatiano, e Il volatore lo restituisce attraverso la biografia dellartista, raccontata da lui stesso, e i suoi raccordi con lattività creativa di Ivano, nato alla canzone come musicista e poi diventato «cantautore suo malgrado, ostaggio di belle parole». Si parte dallinfanzia vissuta a Marassi, nella Genova più popolare, con pochi giochi e molta musica, appunto: il flauto, il pianoforte, la chitarra, il basso, la scoperta del jazz ma anche dellopera, di Bach, dei Beatles, di Randy Newman, di Brel, di Chico Buarque e dun Brasile «non turistico ma innovatore», poi di De André, De Gregori, Conte. E la musica nera, mediterranea, latina, e Mahler, e Abbado che dirige Beethoven, conquistati partendo «dallignoranza crassa dun ragazzino che suonava con formazioni molto pop», ma scopre al Conservatorio che in musica la tecnica è fondamentale quanto lispirazione.
Ecco poi il trionfo sanremese di Jezahel - misticismo, flower power e una certa commestibilità da hit parade -, il breve volo dei Delirium, i successi forniti a Patty Pravo, Mia Martini - grande, tormentato amore -, Mina, Oxa, Berté, Vanoni. E i primi album di cauto successo. Ma di là dallaneddotica - le collaborazioni con Renato Zero, Rita Pavone, perfino Wanda Osiris, poi con De Gregori e De André - ecco profilarsi una sempre più problematica percezione della vicenda umana, grazie anche a letture decisive: lamatissimo Saramago, Leopardi, Poe, Pessoa, Márquez o «il vizio solitario» del potere. È così che la mistica della «musica per la musica» cede alla canzone come strumento di lettura del reale. E linclinazione al viaggio, la ricognizione sul mondo dall«altopiano barocco dOriente» al destino erratico degli emigranti (Mio fratello che guardi il mare), fino allIberia di don Chisciotte affiancata in Discanto ai misfatti dellInquisizione, si fa cognizione planetaria, radiografia delluomo doggi, racconto. Alla maniera di Céline, che diceva: «Viaggiare è utile, fa lavorare limmaginazione. È un romanzo, è dallaltra parte della vita».
Esce, da tutto ciò, il ritratto dun «artista difficilmente decifrabile», come scrive Scanzi? Non sembra, ché cè, nel lavorio intellettuale di Fossati, unumanità solerte e nuda, confermata non fossaltro dalle sdegnate parole sulla tragedia di Mia Martini, accusata di jettatura fino a morirne: un «comportamento criminale», denuncia Ivano, «generato dalla parte più oscura dellanimo umano e mescolato a certe nostre abitudini mentali latino-cattoliche e italiane».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.