La fragile concordia tra Stato e Vaticano minuto per minuto

Ma davvero si può pensare il Risorgimento in chiave anticattolica? Oppure al contrario pensare la Chiesa di Roma, con tutti i suoi membri, soltanto come un freno alla creazione di una forte identità italiana?
Anche a volersi aggrappare disperatamente, come fa la pamphlettistica su entrambi i fronti, al Sillabo di Pio IX o alle scelte filo massoniche di Casa Savoia, risulta evidente che entrambe le visioni sono forzature storiche inaccettabili. Uno dei modi più semplici per rendersene conto è leggere La fragile concordia. Stato e cattolici in centocinquant’anni di storia italiana di Andrea Tornielli (Rizzoli pagg. 220, euro 9,80). Tornielli racconta più di un secolo e mezzo di rapporti tra il nostro Paese (o gli staterelli suoi predecessori) e la Santa sede, mettendo in luce come sia avvenuto di tutto ma non certo una contrapposizione totale tra il mondo dei laici e i Sacri palazzi. Quella è esistito solo nella fantasia dei radicali di entrambi i fronti. Uno degli argomenti su cui Tornielli insiste, sin dall’introduzione, con dovizia di particolari e citazioni puntuali, è il fatto che il Risorgimento «pur avendo innegabili accenti anticattolici, vide la partecipazione di preti e frati, come pure vescovi illustri che sostennero la posizione conciliatrice, contestando l’atteggiamento della Santa sede».
Anzi, è impossibile non vedere che alla base dei moti c’è anche una tenace radice neoguelfa che, anche se non ha attecchito pienamente, è rimasta comunque, da Gioberti in poi, tra i collanti della nazione. Senza contare che ormai le posizioni ufficiali della Chiesa sono chiarissime, basti pensare alla presenza del cardinale Bertone, segretario di Stato Vaticano, alla commemorazione della Breccia di Porta Pia o agli scritti del cardinale Giacomo Biffi: «Il Risorgimento non può ricevere, entro la lunga storia d’Italia, una valutazione negativa. Noi anzi... ameremmo qualificarlo come “provvidenziale”».
Ma non solo Risorgimento. Tornielli nel suo saggio ricostruisce tutte le fasi del rapporto tra Italia e Stato pontificio sino all’oggi e al governo Berlusconi.

E nel far questo pone l’accento su quel partito unico dei cattolici che, piaccia o non piaccia, ha caratterizzato un cinquantennio di storia repubblicana, contribuendo a rendere la democrazia se non costume diffuso, almeno un valore politico da enunciare. Non è poco, e ha contribuito a saldare il Paese che era stato stiracchiato dalle ideologie totalitariste, fasciste o comuniste che fossero.

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