La fragile forza dell’ex generale

A quanto pare Sharon se l'è cavata una volta di più. A detta dei medici, l'infortunio che lo ha costretto ad arrivare all'ospedale di Gerusalemme in barella è superato senza lasciar danni. Tutto come prima? No, perché nessuno si azzarda a dire quando Sharon terminerà la sua convalescenza. No, perché l'ictus che ha colpito il premier ha trasformato la salute del primo ministro in tema centrale della battaglia elettorale. Inoltre, la corsa dei notabili del Likud verso il nuovo partito «Kadima», fondato dall’ex generale «buldozer», sembra rallentata. E all'interno del Likud il ricovero di Sharon ha già avuto l'effetto di riportare centinaia di membri del partito, molti dei quali sembravano decisi a non votare ieri per scegliere il nuovo leader e che, invece, si sono presentati alle urne.
Chi ha già intascato un «premio» dal problema medico di Sharon è il partito laburista. Con un premier indebolito nell'immagine pubblica, la personalità del capo del partito laburista, il sindacalista Amir Peretz, si rinforza. Non ha speranze di vincere le prossime elezioni, ma era opinione generale che sarebbe stato lui il leader del Paese nel «dopo Sharon». Questo «dopo» è ora più vicino e se i laburisti hanno bisogno dell'autorità di Sharon per tracciare le nuove frontiere di Israele, piegando l'opposizione del movimento dei coloni, Sharon ha bisogno dei laburisti per cercare di raggiungere, se non la pace, almeno un armistizio stabile coi palestinesi.
Paradossalmente sono ancora loro, i palestinesi, col terrorismo a rappresentare un fattore nel voto israeliano del prossimo marzo. Di quanto Sharon ne sia conscio lo dimostra il suo cambiamento di atteggiamento nei confronti del partito fondamentalista islamico Hamas, che si è piazzato bene nelle «primarie» amministrative palestinesi e che potrebbe ottenere il 40 per cento dei voti nelle legislative di gennaio.
Contrariamente a quanto Sharon aveva in precedenza affermato, egli non sembra più intenzionato a ostacolare la crescita elettorale di Hamas in Cisgiordania. Fra un’organizzazione islamica armata che vuole la distruzione di Israele, ma che è capace di onorare un armistizio (al contrario della Jihad islamica e delle numerose mafie palestinesi), e un’Autorità nazionale palestinese che vuole la pace con Israele, ma si dimostra priva di autorità, è facile immaginare a chi vadano le preferenze di un realista come Sharon.
Ai suoi avversari nella destra religiosa estremista resta - come hanno fatto i membri del movimento kahanista - la preghiera perché l'Eterno «porti a termine il processo di liberazione di Israele» da Sharon.

Quanto alla borsa di Tel Aviv, che con Sharon ha visto i suoi valori aumentare del 150 per cento e che contrariamente alle previsioni non ha subìto un crollo a causa dell’ictus, sarà lei a indicare nelle prossime settimane il livello di fiducia che «il mercato» intende offrire al partito Kadima del primo ministro, un partito ancora tutto da costruire.

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