Franceschini, l'ex dc allievo di Zaccagnini alla guida degli ex Pci

Cinquant'anni, di Ferrara, neoeletto segretario dei Democratici, ha una lunga storia politica alle spalle, cominciata negli anni '70 a Ferrara, la citta' dove è nato. Nella Dc con i cattolici democratici, poi l'avventura della Margherita

Franceschini, l'ex dc allievo di Zaccagnini alla guida degli ex Pci

Roma - Ha cinquant'anni, tre in meno di  Veltroni, ma così ben portati da far dire a Giorgio Tonini che con il suo arrivo alla guida del Pd il testimone passa a una generazione più giovane. In realtà, Dario Franceschini, neoeletto segretario dei Democratici, ha una lunga storia politica alle spalle, cominciata negli anni '70 a Ferrara, la citta' dove è nato.

Una storia "democristiana", anche se declinata a sinistra, che fa della sua elezione come segretario del Pd un fatto storico: Franceschini è infatti il primo ex democristiano a guidare il principale partito del centrosinistra italiano dove sono confluiti gli eredi del vecchio Pci. Figlio di un ex partigiano cattolico, avvocato civilista, sposato con Silvia, padre di due figlie (Caterina e Maria Elena), Franceschini si è avvicinato allo scudo crociato già ai tempi del liceo, quando la quasi totalità del mondo giovanile guardava a sinistra. Nel '74, a sedici anni, da' vita a un gruppo di studenti centristi e di lì a poco diventa il responsabile provinciale dei giovani Dc.

La sua formazione è quella dei cattolici democratici: la "Lettera a una professoressà" di Don Milani, l'antifascismo di don Primo Mazzolari (il prete partigiano autore di "Il compagno Cristo"), la dottrina sociale della Chiesa, il Concilio Vaticano II. Franceschini, considerato da molti una sorta di "gemello" di Veltroni nel campo cattolico, sceglie da subito la collocazione nella sinistra democristiana: suo faro è Benigno Zaccagnini, il segretario eletto dalla Dc per recuperare consensi nella società italiana dopo la cocente sconfitta del referendum sul divorzio. Capelli lunghi e barba rossa, il giovane Franceschini matura convinzioni progressiste e suoi compagni di strada sono altri giovani della sinistra democristiana come Renzo Lusetti e Pierluigi Castagnetti. Si fa le ossa scrivendo per il settimanale del partito "La Discussione".

Quando la Dc si scioglie, dopo Tangentopoli, aderisce al Ppi, ma la scelta del segretario Mino Martinazzoli, alle elezioni del 1994, di correre fuori dagli schieramenti, non lo convince: Franceschini avrebbe voluto stringere subito un'alleanza con il Pds di Achille Occhetto, sicché lascia i popolari e approda ai cristiano sociali, il partito dei cattolici di sinistra. In questa fase si candida a sindaco di Ferrara, con l'appoggio di Verdi e Laburisti, e raccoglie il 20% dei voti. Torna nel Ppi non appena viene approvata la scelta di campo in favore dell'Ulivo.

La sua ascesa comincia dal 2001, quando viene eletto alla Camera e diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo D'Alema. Nella Margherita, il partito nato dall'incontro dei popolari con Rutelli, scala i vertici arrivando all'incarico di coordinatore. Da lì compie il balzo verso la presidenza del gruppo parlamentare dell'Ulivo alla Camera. Al momento della fondazione del Pd, è lui il candidato naturale per fare da numero due a Veltroni, con il quale compone il ticket che sfida Berlusconi alle politiche del 2008.

Tra le affinità che lo legano al segretario uscente, oltre all'interesse per l'Africa, c'é la passione letteraria, che lo ha portato a scrivere due romanzi: il primo "Nelle vene quell'acqua d'argento" (Bompiani) ha battuto il romanzo di Veltroni "La scoperta dell'alba" al premio Chambery, che si svolge ogni anno in Francia per selezionare la migliore opera prima italiana.

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