Roma Per sciogliere la riserva e dare l’annuncio, Dario Franceschini cita il premier laburista inglese Gordon Brown: «Dove c’è un disoccupato o un povero, lì non può non esserci un democratico».
Oggi, dunque, il segretario del Pd sarà al Circo Massimo, al fianco di Guglielmo Epifani. Ma soprattutto al fianco di quel potenziale, ricco serbatoio di voti d’opposizione che la Cgil, nonostante tutto, ancora rappresenta. Una scelta inevitabile, alla fin fine, tanto più alla vigilia delle europee. E, come spiega da giorni Piero Fassino, sostenitore del segretario in casa Ds, «la scelta di maggior pacificazione interna» che Franceschini potesse fare.
Infatti, a parte qualche dubbio (l’ex Cisl D’Antoni: «Io non andrò, un grande partito riformista non deve assolutamente favorire elementi di divisione tra i sindacati») e qualche isolata bacchettata (Marco Follini: «La politica non è la rincorsa dei cortei degli altri, andare è un errore da matita blu»), il resto del Pd plaude alla scelta del segretario, a cominciare da molti centristi, dal capogruppo alla Camera Soro al vicecapogruppo al Senato Zanda, sollecitati a scendere in campo per dare sostegno. D’altronde, lo stesso Franco Marini (che pure della Cisl è stato segretario) ha appoggiato la scelta di Franceschini, che non ha mancato di consultarlo sul tema. «La manifestazione è contro le inadeguate risposte del governo sulla crisi, andarci non significa affatto sposare la linea della Cgil sui contratti», ha spiegato l’ex presidente del Senato a chi si opponeva. Compreso il leader della Cisl Raffaele Bonanni, con il quale Marini si è sentito quotidianamente in questi giorni. Tant’è che ieri, dal sindacato di Bonanni, non è arrivato alcun attacco al Pd che scende in piazza.
Come dice sornione Marini, Franceschini ha saputo muoversi da «buon democristiano», un colpo al cerchio e uno alla botte. In piazza con la Cgil, ma senza rompere con Cisl e Uil, anzi assicurando che sarà anche al loro fianco in ogni iniziativa «per i lavoratori che perdono il posto», e che non è affatto sua intenzione «entrare nel merito delle divisioni tra sindacati sul modello contrattuale». Anche perché, si ragiona al Nazareno, con la crisi che incalza e la disoccupazione che avanza i sindacati saranno presto costretti a trovare quel «nuovo luogo unitario» auspicato ieri da Franceschini. Qualche inciampo l’ha avuto, come la risposta ambigua a Otto e mezzo («se andrò alla manifestazione? Lo scoprirete sabato»), ma anche mosse azzeccate. Prima di dare l’annuncio che sarebbe stato a sinistra con Epifani, Franceschini ha infatti voluto gettare un osso non da poco ai centristi del Pd, assicurando che non ci sarà mai un ingresso nel Pse. Poi toccherà impapocchiare qualcosa sul gruppo a Strasburgo, ma intanto ieri gli ex Ppi gongolavano soddisfatti.
È chiaro a tutti, nel partito, che i voti vanno cercati a sinistra, e dunque l’appuntamento tutto politico del Circo Massimo non poteva essere perso. Anche perché, nella partita interna sulla futura leadership, Franceschini non ha intenzione di lasciarsi scavalcare facilmente dall’ex Ds Pierluigi Bersani, spalleggiato da Massimo D’Alema e subito sceso in campo a fianco della Cgil.
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