Francesco e Angela abbracciati fino alla fine

dal nostro inviato a L'Aquila

Abbracciati, separati da una trave. Francesco è stato tirato fuori subito. Angela no, perché era là sotto. Su quella trave reggeva l'equilibrio inutile della Casa dello studente. Quando il pastore tedesco Bell li ha visti ha abbaiato forte: Sono qua, venite a prenderli. Venite a prendere i fidanzati morti insieme, precipitati in un fiume di macerie che se li è portati via probabilmente nello stesso momento. Francesco non alloggiava lì. Si era fermato perché Angela aveva paura del terremoto. Voleva starle accanto. Mano dai, le avrà detto, se stiamo insieme un'altra scossa non arriva. Angela la bionda che studiava ingegneria. Di lei le macerie all'inizio hanno restituito alcune valigie, della biancheria, «cose diragazza», dice un soccorritore. Sono tutti morti, ha detto il rettore dell'università dell'Aquila, Ferdinando di Orio. Ma la conferma definitiva non c'è, non tutti i corpi sono fuori. Erano in cinque ieri a essere rimasti sotto quel mostro sbilenco appena abbattuto che un tempo era la Casa dello studente. E i parenti speravano, fino all'ultimo speravano. «Pronto ce l'avete la lista dei feriti? La lista! Guardate se tra quei feriti c'è Davide»: la sorella di questo ragazzo, Lilli, telefonava e telefonava, in tutti gli ospedali dell'Abruzzo. Nella casa, al posto di Francesco, accanto ad Angela, ci doveva essere Chiara in quella camera che non c'è più, ma era partita prima per le vacanze. Luciana invece, un'altra ragazza rimasta là sotto,non poteva. Lei aveva l'esame quel lunedì, la mattina del terremoto. E il giorno prima non era neppure potuta andare a messa, per studiare. Allora Gabriele le aveva portato dalla chiesa una palma. E Gabriele invece, perché è questa la spietata legge delle coincidenze, della sfortuna e della salvezza, abitava come le ragazze nella Casa dello studente, ma dopo la scossa delle 23 aveva deciso di «andare a mangiare un piatto di pasta da un amico». Ora guarda da fuori le macerie in cui poteva essere rinchiuso. All'Aquila sono arrivati gli amici di Luciana da San Giovanni Rotondo. Pregano Padre Pio: «Sì, preghiamo». Che altro si può fare. I pompieri parlano ai parenti, spiegano perché hanno dovuto abbattere tutto: non ce la facevano nemmeno ad arrivare ai corpi, vivi o morti che fossero. C'è un solo padre che non capisce,ed era il papà di Michelone l'israeliano. Non è questo il suo nome vero, ma qui all'Aquila tutti lo chiamavano così. «La stanza di Michelone non esiste più »,dicono i suoi amici.

Neanche questo può capire l'israeliano appena arrivato dalla sua terra per recuperare suo figlio. Ieri Michelone è stato il primo che hanno trovato sotto le macerie degli studenti. E non c'è niente di più doloroso di un padre anziano che piange in silenzio.

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