Franco Ordine
nostro inviato a Parigi
Da due mesi masticano amaro. Da due mesi ci aspettano al varco. Questi francesi sono proprio stravaganti. Sembrano insensibili al fascino del successo calcistico e invece sono pronti per apparecchiare una memorabile rivincita. Che rivincita non è. La luccicante coppa del Mondo si trova in un caveau a Roma e da lì non si muove per quattro anni. Devono riprovarci in Sud Africa, se proprio tengono a regolare il conto. Nel frattempo possono esibire con qualche orgoglio il successo diplomatico e politico ottenuto con il castigo, ingiusto, inferto a Materazzi, colpito al petto dalla testata indecente di Zidane e poi punito con un paio di turni di squalifica per una provocazione diventata allimprovviso un peccato mortale. Blatter e Platini, un giorno, dovranno chiedere scusa. Il perticone interista è rimasto a casa, ma col cuore, stasera, è qui, a St Denis e lotterà insieme con gli altri azzurri sbarcati ieri mattina al Charles De Gaulle a bordo di un charter che recava la sua immagine in primo piano, la sagoma di Materazzi con il suo numerino magico, il 23 e il suo cognome stampato. Quasi uno sberleffo per i francesi in attesa alla scaletta. Da due mesi coltivano lossessione di mettere sotto les italiens e hanno quasi tutto per ottenere il risultato. Godono di una nazionale che è collaudata dallinizio dei tornei in giro per lEuropa. Sono riusciti a confermare lo schieramento di quella notte, con le uniche eccezioni di Zidane e del portiere Barthez. In Georgia la partenza è stata disinvolta: 3 a 0 sulla schiena dei fratelli di Kaladze e via, senza neanche un affanno, una complicazione. Per loccasione hanno preparato una location adeguata: stadio esaurito da almeno quattro settimane e tifo scatenato. Poco più di duemila i biglietti finiti nelle mani degli italiani, una sfacciata minoranza.
Non è poi un grave handicap. Per gente capace di entrare nello stadio di Dortmund, affrontare la Germania, piegandola con merito, uscendo vivi e col biglietto della finale di Berlino in tasca, è quasi un giochino. Due mesi fa lItalia di Lippi risolse a suo favore la finalissima del 9 luglio e sapete tutti come andò. Contagiosa la magia accumulata lungo il tragitto, la sicurezza trasformò in unarmata invincibile una squadra di spessore poco più che normale. Stasera, a Parigi in uno stadio che decretò la fine della carriera di Cesare Maldini ct e di Di Biagio come rigorista doc nel 98, cè in campo unaltra Nazionale, bisogna scriverlo subito. E non solo perché non fanno parte del gruppo Toni, Totti o Materazzi, il mitico Materazzi che pareggiò il rigore di Zidane, ma perché il calcio italiano è in evidente ritardo, rispetto a tutti gli altri. «È un particolare che non bisogna mai dimenticare» segnala Demetrio Albertini uscito allo scoperto per cementare la panchina del suo sodale Donadoni e per definire una clamorosa esagerazione la definizione di ultima spiaggia per il ct con la faccia da persona per bene. «I tifosi non giocano, lo spirito è buono, sette palle-gol contro la Lituania non sono una cattiva partenza» detta sicuro Albertini rievocando altre partenze tormentate degli azzurri nella storia e tenendo per mano il Ct. Per rimediare al gap fisico, cè bisogno di recuperare lo spirito guerriero di Gattuso e anche lorgoglio dei campioni veri di Berlino. Contro Henry cè il rischio di ballare, specie in difesa, la rumba e il cha-cha-cha, urge il massimo dellattenzione e della tensione. Gilardino si gioca una chance importante, fresco e pimpante deve dar battaglia a Gallas e Thuram. Godrà del sostegno di Cassano che qui considerano già lerede di Maradona ma deve superare cento esami di laurea prima di tentare il paragone ardito. E Parigi può diventare il primo, il banco di prova per una Nazionale ritoccata nellassetto secondo intenzioni dichiarate del Ct fin dal giorno delle convocazioni (consultare la collezione dei giornali, per favore). Si passa dallimpegnativo 4-3-3 al 4-4-2 con Perrotta allala sinistra e Semioli a destra, un debutto da far tremare i polsi e non solo allesponente del Chievo. Da due mesi masticano amaro i francesi. Da due mesi ci aspettano al varco. E sognano di rifilarci unaltra testata. Donadoni non rischia, sono i giornali che, esaurita la sbornia mondiale, hanno voglia di un po di sangue, come nelle migliori delle occasioni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.